Recensione: War Of Will
75
Spesso capita, magari dopo aver terminato l’ascolto di un classico del genere, di chiedersi se arriveranno mai nuove leve in grado di raggiungere il livello dei loro illustri predecessori. La Metal Blade Records, cosciente della necessità di trovare degni eredi dei mostri sacri degli anni ottanta, ha scelto di puntare forte sui Battlecross, giovane quartetto proveniente dal Michigan e attivo sin dal 2003. Nonostante gli ormai dieci anni di attività, questi ragazzi sono saliti agli onori delle cronache solo nel 2010, quando hanno pubblicato il loro debutto sulla lunga distanza, quel “Push Will Destroy” che ha permesso loro di venire notati dal succitato colosso discografico, il quale li ha immediatamente messi sotto contratto e ha ripubblicato l’album cambiandone il titolo in “Pursuit Of Honor”. I vantaggi di avere un supporto così importante alle spalle sono molteplici: la possibilità di potersi concentrare unicamente sulla propria musica, una promozione a livello internazionale e, come se non bastasse, la collaborazione con grandi professionisti. La produzione di “War Of Will”, di fatto secondo album della band, è curata da Mark Lewis (Trivium, Devildriver) e Jason Suecof (Whitechapel, Job for a Cowboy), mentre Joey Vera degli Armored Saint ha curato il mastering. Inoltre, non disponendo di un batterista dei ruolo, per la registrazione dell’album la band ha potuto avvalersi di Shannon Lucas (The Black Dahlia Murder, All That Remains), mentre attualmente dal vivo il trono della batteria spetta a Kevin Talley (Dying Fetus, Misery Index).
Dal punto di vista musicale, il sound della band non ha subito enormi cambiamenti, tuttavia va notato come la componente thrash sia stata leggermente messa da parte, in favore di sonorità maggiormente improntate al Death, con riferimenti , in particolare, a In Flames e Gojira fra gli altri. Quest’ultimo è senz’altro un fattore positivo, poiché mette in chiaro la volontà della band di crescere e raggiungere un sound personale, obiettivo tutt’altro che semplice da raggiungere.
Visto il background di cui dispone il quartetto di Warren, suona quasi scontato dire che l’album è scritto e suonato in maniera impeccabile dalla prima all’ultima nota. Nei brani vengono alternate fulminee sfuriate di aggressività a pesanti rallentamenti, sui quali la voce di Kyle “Gumby” Gunther spazia liberamente fra scream e growl. In ogni brano comunque, troviamo sempre una melodia di fondo che non viene mai meno. L’opener “Force Fed Lies” ne fa sfoggio nell’ottimo ritornello, che si presta molto bene a essere memorizzato. La successiva “Flesh & Bone” smorza ulteriormente i toni, impostandosi su un mood che richiama addirittura lo US Power. Fra i momenti migliori troviamo “My Vaccine”, dotata di un riffing che unisce molto bene aggressività e melodia. Semplice ma efficace. Nel corso dell’album vengono costantemente proposti sweep e armonizzazioni, che spesso vanno a sostituire la sezione solista, ad eccezione di “Wage A War”, che fa sfoggio di una tecnica non comune. Quando la band decide di mostrare solo il suo lato pesante però inciampa, incidendo un brano scontato e scarsamente dinamico come “Beast”, che pur contenendo spunti interessanti è decisamente da rivedere.
Come detto, con “War Of Will” lo stile della band fa un passo avanti, tuttavia non si può certo dire che raggiunga lo stato dell’arte. Nonostante un innegabile talento, l’inesperienza si fa ancora sentire, tanto che con gli ascolti l’album perde in parte l’iniziale incisività e corre il rischio di finire nel dimenticatoio. Fra gli aspetti da rivedere troviamo ad esempio la struttura dei brani, che troppo spesso sembrano seguire un canovaccio prestabilito, diventando così sterili.
In ogni caso stiamo parlando di una band al suo secondo album, che dà comunque più di un segnale positivo. Mentre attendiamo il prossimo album sperando in un’ulteriore crescita, possiamo rimanere tranquillamente soddisfatti del nuovo nato in casa Battlecross: le premesse per sfondare ci sono tutte, ed è solo questione di tempo prima che ciò accada.
Alberto “80’s Thrasher” Franco
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