Recensione: Watching From A Distance

Di Giuseppe Abazia - 31 Luglio 2007 - 0:00
Watching From A Distance
Band: Warning
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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90

Circa sette anni ci sono voluti. Circa sette anni di silenzio per quello che, con solo un album nel 1999 (The Strength To Dream), si era già affermato come uno dei più importanti gruppi di doom tradizionale, per poi sparire dalla circolazione lasciando un vuoto difficilmente colmabile. Sette anni che i due mastermind hanno utilizzato per dedicarsi alle proprie passioni: la recitazione per il cantante/chitarrista Patrick Walker, e l’insegnamento per il batterista Stuart Springthorpe. Ma sarebbe stato un delitto mettere la parola fine ai Warning, e probabilmente loro stessi ne erano consapevoli, ragion per cui è fin dal 2005 che era iniziata la composizione dell’album che ora possiamo avere fra le mani, album che ha finito poi per rivelarsi una monumentale opera doom come solo da loro potevamo aspettarci. Signori, Watching From A Distance è qui, i Warning sono tornati.

In realtà ci vogliono poche parole per descrivere lo stile questo gruppo, essendo la semplicità uno dei suoi punti forza: pochi fronzoli, tanto sano doom. Ciò che è più difficile è riuscire a descrivere le emozioni che questo gruppo è in grado di suscitare, ma a questo ci arriveremo dopo. Musicalmente, abbiamo riff potenti e asciutti, tempi estremamente dilatati, batteria cadenzata e melodie a metà fra la malinconia e l’epicità; nessun tecnicismo eclatante, o tastiere d’atmosfera, questo è doom nella sua forma più pura e incontaminata, così come i suoi padri fondatori lo avevano concepito. Anacronistico, forse? Qualcuno potrebbe pensarlo, ma d’altra parte Watching From A Distance si configura fin dall’inizio come un album destinato a stare lontano dal grande pubblico. Watching From A Distance è un disco indirizzato a coloro che vorranno abbandonarsi alle sue atmosfere tristi, poetiche, irrimediabilmente senza speranza; a coloro che vedranno nella sua estrema lentezza e nella sua pesantezza non degli ostacoli alla fruizione, ma delle caratteristiche fondamentali per veicolare il grosso peso emotivo di cui questo album si fa carico; a coloro che hanno fatto del doom una passione, che sanno prendersi il tempo per apprezzarne le mille sfaccettature. Mi azzardo ad affermare che potrà essere una nicchia di ascoltatori, ma questi pochi avranno trovato nei Warning una delle esperienze più struggenti ed emozionanti che si possano fare in musica.

Buona parte della forte personalità ostentata da questo gruppo inglese è data dalla voce unica di Patrick Walker. Come si è già detto, la recitazione è parte importante del suo background culturale, e la potenza espressiva che caratterizza la sua voce è prova evidente di ciò: la sua è quasi un’interpretazione teatrale delle canzoni, un’interpretazione sentita, sincera, dalla quale traspare un coinvolgimento emotivo onesto e umile. Il suo timbro è inconfondibile, la sua estensione eccellente, la sua versatilità sorprendente; ma queste sono osservazioni tecniche tutto sommato di poco conto, quello che davvero ci interessa sapere è che la sua è una voce che emoziona, in grado davvero di comunicare stati d’animo a chi ascolta, ora con tonalità più dolci e malinconiche, ora con rabbia disperata.

Potrei provare a descrivere quali sentimenti l’ascolto di Watching From A Distance può suscitare nell’ascoltatore, o magari analizzare l’album traccia per traccia, ma rischierei di risultare ridondante, monotono, nel vano tentativo di racchiudere in poche parole emozioni che solo chi prova può conoscere fino in fondo. Piuttosto, lascerò che siano alcuni versi estratti dal testo della terza traccia, Bridges, a parlare per me:

When I am not alone
I sever silent moments
Building bridges with meaningless words
And only feel the distance further
Remember being happy in our silence
I wish that you were with me tonight

I don’t need a reason, there’s nothing to explain
I can’t reproach your leaving to justify my pain
But can I really understand
I wish you were here with me tonight

I read over all you wrote me
The words mean so much more these days
They echo in my soul
They sting me like a burn
Can someone feel too much?
I wish you were here with me tonight

Questo testo (che non ho riportato nella sua interezza) rende evidente che qui ci troviamo di fronte a vere poesie. Poesie che ci comunicano con forza ora la loro delicata malinconia, ora la loro rabbiosa rassegnazione verso un destino ineluttabile e gravoso, ora un annaspante smarrimento dovuto alla perdita di qualcosa di importante; poesie che mettono a nudo con disarmante onestà i pensieri di chi le ha scritte, e forniscono anche a noi motivo di introspezione, andando a scavare profondamente nei recessi della nostra anima, mettendoci a tu per tu con emozioni, paure e riflessioni alle quali magari trascuriamo di dare la giusta importanza.

Watching From A Distance è un disco musicalmente ed emotivamente pesante, che richiede una certa predisposizione psicologica per essere apprezzato a pieno, ma è un capolavoro che lascerà il suo segno nella storia del doom. Chiunque ami questo genere e voglia un disco maturo, impegnato, composto con passione e dedizione, può smettere di guardarsi intorno: i Warning hanno dato una risposta a tali ricerche.

Giuseppe Abazia

1 – Watching From A Distance (12:06)
2 – Footprints (07:31) * MySpace *
3 – Bridges (11:30)
4 – Faces (08:31)
5 – Echoes (10:16)

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