Recensione: We Don’t Belong

Di Francesco Sgrò - 7 Settembre 2013 - 15:19
We Don’t Belong
Band: Degreed
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2013
Nazione:
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80

In un epoca in cui il mercato discografico è continuamente affollato da una miriade di nuovi gruppi che tentano di lasciare la propria impronta nel mondo della musica, si ridestano anche gli svedesi Degreed, band che, con questo “We Don’t Belong“, sembra avere ancora molto da offrire dopo il buon esordio pubblicato nel 2010.
Determinati e forti di una scorta di buone canzoni, i nostri confezionano un’opera quantomeno notevole in cui la carta vincente è rappresentata dalle ariose melodie che caratterizzano i vari brani dell’album e che sicuramente faranno la felicità di tutti gli appassionati dell’Hard Rock più semplice ed elegante.

Contraddistinto anche da un’efficace produzione . affidata alle cure del bravo Erik Lidbom – il disco esplode in un concentrato di potenza e melodia ben evidenziate nell’iniziale “Black Cat“, traccia in cui i crudi riff allestiti dalle chitarre si fondono con le orecchiabili melodie interpretate dal vocalist, sulle quali si adagia pure un prezioso tappeto tastieristico volto ad enfatizzarne la carica emotiva, in un risultato finale d’impatto e di piacevole ascolto.
La stessa sorte tocca anche alla seguente “What If“, canzone di assoluto valore in cui riconoscere un’accentuazione della componente melodica che, come un potente turbine, prende il controllo della pezzo sfociando in un refrain difficile da dimenticare.
Seguendo le orme dei connazionali Last Autumn’s Dream, i Degreed sembrano in perenne bilico fra l’Hard Rock ed alcune derive  Pop, in questo caso efficaci e ben inserite nel contesto. Lo dimostra la bella “In For The Ride“, il cui chorus rischia di rimanere indelebile nella mente dell’ascoltatore segnando un nuovo ottimo episodio di questa seconda uscita discografica.

Strutture semplici ma di sicuro impatto, definiscono una manciata di canzoni che non sembrano avere punti deboli, come sottolineato dalla melodicissima “Inside Of Me“, brano che fa il paio con l’altrettanto melodica ed intensa “Follow Her Home“, power ballad di classe, in cui tornano delle leggere inflessioni Pop riconoscibili nel buon Refrain.
La melodia resta assoluta protagonista anche nella seguente “Blind Hearted“, passaggio che questa volta vede una maggiore energia sprigionata in un chorus rabbioso e vincente.
La fusione tra Rock e Pop sembra funzionare a dovere anche nella semplice “Here I Am“, in cui il combo scandinavo si avvale di uno schema compositivo tanto vincente quanto ormai perfettamente collaudato.

Ormai,quasi al termine dell’opera, “Access Denied“, prosegue con coerenza il percorso intrapreso dalla band fin dalle battute iniziali, anche se questa volta, le melodie proposte appaiono eccessivamente mielose e rischiano d’infastidirne l’asscolto.
Decisamente migliore è invece la seguente “Coming Home“, che pur non decantando l’originalità del combo svedese – titolo di una banalità incredibile e già ampiamente sfruttato da decide di altre band – almeno musicalmente si presenta senza dubbio più efficace della traccia precedente.
Il gruppo decide di affidare la chiusura del lavoro alla bella title track, in cui il combo ritrova la propria verve standard, avvicinandosi ancora allo stile dei Last Autumn’s Dream e concludendo in maniera superba un album di gran classe musicale.

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