Recensione: Weapons Of Mass Destruction
È singolare il modo in cui si definiscono, un po’ meno la proposta che, almeno in apparenza, abbracciano.
Loro sono i Bullet Monks, gruppo americano nell’immagine ma tedesco all’anagrafe, che ha avuto un’idea originale. Suonare chiassoso hard rock alcolico, chiamandolo poi in modo curioso e raramente sentito: “mosh n’roll”.
Uno stratagemma differente dal solito per manifestare l’amore verso stili ed attitudini che non appare di certo troppo difficoltoso identificare di primo acchito.
Diciamola tutta. Di band affiliate al rock n’roll sporco, grezzo ed irriverente negli ultimi tempi, ne abbiamo conosciute parecchie, ancor di più dopo che l’ondata di proposte provenienti dal prolifico nord Europa ha, via via, assunto i connotati del fiume in piena. Senza considerare inoltre, la costante presenza sulle scene di un personaggio di assoluto peso come Mr. Lemmy Kilmister, uno che con l’hard n’heavy sparato a mille all’ora, vive, prospera e si diverte da più di trent’anni.
Eppure, ogni qualvolta un disco simile piomba nel lettore cd di un qualsiasi appassionato del genere, l’opinione, qualora i risultati riescano ad attestarsi su buoni livelli, è sempre la medesima.
Nulla di nuovo forse, ma diverte un bel po’ e tanto basta a farlo piacere.
Fermi però. Che i Bullet Monks siano un combo tanto “liscio” e di facile identificazione non è poi così scontato e dato per sicuro. Stavolta, infatti, qualche differenza di fondo, in grado di caratterizzare la personalità di questo quartetto germanico, è comunque rilevabile anche all’orecchio dei meno smaliziati ed esperti in materia.
Primo elemento, le doti tecniche. Il gruppo tedesco si diletta in rumorose caciare a base di rock maleducato ed arrembante, tuttavia, ponendo orecchio alla struttura dei brani con un briciolo di acume, non sarà difficile accorgersi di come le trame composte siano spesso non così semplici e lineari come preventivabile da un’accolita di esuberanti rockers. Ma soprattutto di come la padronanza dei propri strumenti, conceda ai Bullet Monks il bel lusso di variare ritmica, spezzare l’umore e ripartire su accenti diversi come se nulla fosse, mettendo in mostra così un repertorio d’abilità del tutto rispettabile.
Secondo aspetto, la sagacia. Nonostante quanto detto poc’anzi, i quattro musicisti riescono, di fatto brillantemente, a non cadere nel tranello delle voglie moderniste o cedere all’eventuale auto celebrazione.
Rock solido e scalciante insomma, che però non si nega un minimo di raffinatezza formale mascherata dal piglio roccioso, riuscendo a mantenersi con costanza entro confini ben identificabili e sicuri.
Che dire ad esempio di un brano come “I Am”? Nervoso e guizzante, pare quasi arrivare dalla penna dei System of a Down. Tuttavia l’ascolto non lascia dubbi. Di “nu”, nei suoni, e nell’attitudine nemmeno l’ombra, l’orientamento è sempre quello del caro, vecchio hard rock.
Medesimo discorso poi, per altri stralci estratti qua e là, ugualmente caricati da una irosa rudezza hard, miscelata ad uno stile che sa bearsi nel blues di stampo classico (“Downtown is Dead”) per poi svisare in attacchi alla Motorhead (“Canned Insanity”), immergersi in umori quasi anni sessanta (“Lifestyle Junkie”) ed infine colorarsi di trovate che, un po’ a sorpresa, vengono a modificare il panorama conosciuto sinora, con improvvise soluzioni non del tutto attese.
L’impressione in buona sostanza, è quella di avere a che fare con un insieme di artisti debitamente ben camuffato da una facciata convenzionale di chiaro stampo rock, capace tuttavia, di offrire qualcosa in più dei soliti argomenti affrontati nell’imbastire una proposta di tale estrazione e radice.
“Weapons Of Mass Distruction” è senz’altro un debutto interessante quindi, leggermente diverso dal solito e, proprio per tale ragione, con una marcia in più rispetto a non pochi concorrenti presenti su piazza.
Da provare.
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Tracklist:
01. No Gain Just Pain
02. My World’s A Show
03. Lifestyle Junkie
04. Under The Black Sun
05. I Am
06. Canned Insanity
07. Dowtonwn Is Dead
08. Never Be A Wannabe
09. Hang On Lord
10. We’re All Fucked
11. Tentacle
12. No Gain Just Pain (unplugged)
Line Up:
Tyler Voxx – Voce / Chitarra
Dangerous Dan – Chitarra
Spreace Jackson – Basso
M. Dogg – Batteria