Recensione: Welcome Mass Hysteria
I toscani Razgate nascono nel 2011 dalla volontà di Giacomo Burgassi, Francesco Martinelli e Mattias Papini. I loro primi anni sono abbastanza travagliati a causa dell’instabilità della lineup, gli svariati avvicendamenti vanno ad incidere anche sulla loro vena compositiva.
Consolidata finalmente quest’ultima e pubblicato l’EP ‘Countdown to the End’ nel 2014, sfornano l’album di debutto, dal titolo ‘Feral Evolution’, nel 2017, esprimendo un’anima Thrash che, strizzando più di un occhio alla Bay Area, desta molto più di un semplice interesse.
L’attività live che ne consegue, oltre a far conoscere la band al pubblico, aumenta l’esperienza dei musicisti che, passato un anno dal debutto, dopo aver siglato un contratto con la nostrana Punishment 18, incidono il secondo platter, dal titolo ‘Welcome Mass Hysteria’, la cui pubblicazione è prevista per la fine di ottobre 2018.
Anche il secondo album vira decisamente verso il Thrash Metal d’oltre oceano; questa volta però i Razgate puntano di più sulla velocità a sfavore della cupezza, sprigionando un sound brillante e vivace oltre che più maturo.
Pur non dicendo nulla di estremamente nuovo, la particolarità del combo è quella di riuscire a rendersi riconoscibile mantenendo i suoni densi di rabbia senza esasperarli comprimendoli allo sfinimento o inferocendoli all’estremo. Questa fa si che si apprezzino meglio le qualità degli artisti, tutti di alto livello.
In ‘Welcome Mass Hysteria’ l’esperienza acquisita dal quartetto senese si sente tutta, con un songwriting articolato e con buone variabili che alternano la velocità a tempi più cadenzati, senza per questo perdere potenza.
I brani sono di vario minutaggio, andando da poco più di tre minuti fino a quasi sette. Quelli brevi sono diretti ed incalzanti, mentre quelli più lunghi hanno una struttura complessa ma non contorta, pur se con molti cambi di tempo ed assoli sparsi, melodici od isterici a seconda del momento. Comunque sia i Razgate non cascano nello scontato e nel tedioso, tenendo alta la soglia d’attenzione dell’ascoltatore.
La voce di Giacomo non ha una vasta estensione, ma infonde una buona emozione caricando strofe e refrain della giusta rabbia.
Giacomo è anche una delle due asce insieme a Francesco: a livello ritmico formano un buon muro sonoro, pur evitando, come già detto, di comprimere troppo i suoni, estraendo dai loro geni la componente più Heavy del Thrash.
Così fa Francesco anche durante gli assoli: brevi, lunghi, articolati o nevrotici che siano seguono sempre una decisa ed incisiva linea melodica; senza svarioni da ‘guitar hero’ sono sempre a servizio del pezzo. Questo è decisamente interessante quando i brani sono lunghi e contengono più di un assolo.
Infine Edoardo e Nicolò formano la sezione ritmica, batteria e basso infaticabili generatori di potenza, non si fermano mai e sono decisamente il motore del gruppo.
‘Welcome Mass Hysteria’ è composto da dieci tracce, della durata complessiva di circa cinquanta minuti.
La partenza è affidata a ‘Sacrifice/Rebirth’, che prende potenza per mezzo di una batteria dai suoni tribali fino al riff e all’accelerazione Thrash. Il brano è veloce ed esuberante con un lungo assolo che porta ad un improvviso cambio di tempo, scuro e malvagio; poi l’assolo diventa isterico, portando alla ripresa del pezzo.
La seconda traccia è ‘Sweet Poison’, con una batteria incalzante ed un riff prolungato che riporta in auge gli anni ’80. Velocità e tempi medi si alternano repentinamente e la rabbia sale nel refrain pestato, incalzata dal chorus e dalle contro strofe.
Segue la title-track, ‘Welcome Mass Hysteria’, pestata, veloce e determinata, con un’enfatica sezione musicale dura ed impattante che conduce ad un assolo lungo e melodico. Le risate sparse nel pezzo e più evidenti nella parte finale esprimono bene il senso dell’isteria.
La successiva ‘The Agony Is Real’ porta alla memoria il periodo d’oro, anzi, ne entra a far parte con le sue strofe veloci ed impazzite ed il refrain energico. L’assolo è grave, ed è di pregio il momento in cui va in contrapposizione alla ritmica della seconda chitarra per poi staccarsi e proseguire per proprio conto.
‘Sons of Rage’ è potente e marziale e fonde il presente con il passato mentre ‘Light Up the Flame’ unisce gli insegnamenti dei Judas Priest e dei Testament, con una buona ‘cavalcata’ iniziale, un refrain quasi anthemico e vari cambi di velocità.
Superata la metà del disco inizia ‘Ride for a Fall’, diretta ed impattante, alla quale segue ‘Skinwalker’, dall’inizio semi cacofonico e condotta a velocità più controllata, con un assolo che s’insinua prepotentemente nel refrain per poi esplodere seguito, nel sottofondo, da un ritmo grave e deciso che richiama alla mente il riff di ‘Children of the Grave’ dei Black Sabbath. Successivamente il pezzo cambia, diventa cadenzato per poi accelerare e giungere ad un altro assolo che porta alla ripresa delle strofe iniziali.
‘Face of Apocalypse’, della durata di quasi sette minuti, include tutte le capacità del combo; non è da descrivere ma solo da ascoltare.
L’album si chiude con ‘1348’, brano lungo anch’esso, è veloce e pestato ma anche enfatico, con una sezione narrata ed un assolo lento su ritmica potente che poi accelera per liberarsi diventando quasi epico.
Concludendo, in un anno i Razgate hanno lavorato sodo ed hanno scelto di proseguire la strada già intrapresa con maggiore spinta dinamica, mantenendo la propria identità e migliorando il proprio stile, fatto di pura energia e vigore espressi in un album tutto da ascoltare. Bravi!!!