Recensione: Welcome To The Battlefield
Sarebbe stato arduo trovare un nome più consono per gli In Battle: il nuovo lavoro mette infatti insieme undici tracce di buonissimo Death / Brutal, un vero assalto sonoro che si sviluppa entro coordinate piuttosto chiare. Lungi dall’essere degli innovatori, i nostri preferiscono proporre con schiettezza del Death Metal di chiarissima matrice americana, con continui sfoghi che li portano a sconfinare nel Brutal in diversi passaggi. In ben più di un’occasione i nostri strizzano l’occhio ai Malevolent Creation, arrivando in certe tracce a calcarne completamente lo stile.
Condizione necessaria (ma non sufficiente) è ovviamente un ottimo batterista, e Nisse Fjellström ha tutti i prerequisiti necessari: velocità e potenza esasperate, in un contesto che richiede una relativa semplicità delle strutture ma anche la giusta versatilità per sostenere ogni cambio di tempo. “Blood Divine“, nei suoi vari passaggi, è non solo una delle tracce migliori, ma anche quella in cui tutto il gruppo dimostra di padroneggiare tutto quanto occorre per suonare dell’ottimo Death Metal. E in questo contesto proprio il batterista è fautore di una delle performance migliori. Nell’alternanza tra tempi infuriati e strutture cadenzate, il gruppo dimostra inoltre di saper gestire molto bene entrambi i tipi di song-writing. Si arriva con “Sconefaced Mountains” ad azzardare qualcosa in più in tale senso, e il risultato è buono, per quanto ancora un po’ scomposto.
Se invece vogliamo tornare a parlare di episodi ottimamente realizzati, non si può dimenticare “Scorched World“: alla parte introduttiva segue un attacco incredibilmente potente, nel quale si sentono distintamente gli insegnamenti della band del buon Fasciana. Riff veloci, fraseggi a corde aperte, lunghe tirate di blast-beat… Se poi vogliamo tracce in cui il paragone sia ancora più evidenti ci dobbiamo spostare su “Despoter“, o meglio ancora su “Serpents“: due tracce in your face, tanto violente quanto ben costruite.
Purtroppo il gruppo non riesce a dare la stessa organicità a tutte le composizioni, oppure cede a soluzioni non proprio azzeccatissime. Così è per esempio in “Eld Jattar“, una canzone che spegne nella sua complessità tutta la potenziale carica, e che cerca di riparare dietro al drumming esplosivo altre carenze.
In generale comunque Welcome To The Battlefield è molto buono, espressione di un modo di suonare ancorato ai gloriosi primi anni ’90 senza per questo risultare anacronistico. Il sentito dire (e non parlo di recensioni o note biografiche) mi dipingeva il passato di questo gruppo come legato a Viking e Black. Indipendentemente dalla veridicità o meno di questa mia precedente convinzione, devo dire che ritrovarmi fra le mani un platter di questo tipo è stato sconcertante, ma anche esaltante: potremmo aver trovato chi proseguirà con una certa tradizione il giorno (se mai verrà…) che i Malevolent Creation appenderanno gli strumenti al chiodo. L’inizio è più che promettente.
Matteo Bovio