Recensione: Welcome To The Morbid Reich

Di Daniele D'Adamo - 25 Agosto 2011 - 0:00
Welcome To The Morbid Reich
Band: Vader
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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82

Dopo il tonfo di “Necropolis”, album fiacco e scontato sì da far temerne il crepuscolo, la carriera dei Vader s’impenna quasi inaspettatamente con il nuovo “Welcome To The Morbid Reich”, nono figlio degenere. E questo, a dispetto dell’ormai endemica instabilità della line-up, vera e propria tortura per lo storico leader Piotr “Peter” Wiwczarek.
La formazione del 2010 (Peter – vocals, guitar; Marek “Spider” Pająk – guitar; Tomasz “Reyash” Rejek – bass; Paweł “Paul” Jaroszewicz – drums), infatti, non esiste più: da questa primavera, Tomasz “Hal” Halicki ha sostituito Reyash mentre James Stewart ha rimpiazzato Paul, presente comunque nelle sessioni di registrazione del disco.

Bisogna essere chiari sin da subito: “Welcome To The Morbid Reich” non è un capolavoro assoluto, tuttavia rappresenta un deciso avanzamento, in tutti i sensi, rispetto al predecessore. Il titolo fa capire quello che, forse, è l’elemento principale del lavoro: la risalita alle sorgenti del sound, richiamando per questo il mitico demo “Morbid Reich”, datato 1990. Un passo indietro per farne uno avanti, insomma. Molto, in tutto questo, ci mette del suo Peter, incattivendo sino al parossismo il suo poderoso growl/scream, giungendo ai limiti della ferocia cui è arrivato, per esempio, David Vincent dei Morbid Angel in “Unholy Blasphemies” (“Blessed Are The Sick”, 1991). Così come i pregevoli innesti di arcane sinfonie alimentano la vena black che, assieme al thrash e al death, forma la dannata triade del metal estremo primordiale cui pescano a piene mani, ora, i tre di Olsztyn.
E, fra i generi menzionati, emerge con decisione il thrash, Padre dei Nostri quando, nei primi anni ’80, la propensione era evidentemente indirizzata verso lo speed metal, precursore del thrash stesso. Un thrash fortemente oscuro, inzuppato di tetra malvagità, ribelle nei confronti dell’etica consolidata. Ieri come oggi. A prescindere dai temi, ciò che può far maggiormente piacere, ai più attempati death/thrasher come ai più verdi metalhead, è la stupenda caratterizzazione della musica che, finalmente, Peter e compagni riescono a completare. Finalmente, poiché essi mettono davvero in campo la loro enorme esperienza e mestiere per creare a un sound profondo come le fosse oceaniche; ricco di personalità e di richiami classici, ancorché spaventosamente violento come raramente riescono a forgiare i più giovani e moderni ensemble del momento. 

Se in “Necropolis” era difficile trovare una canzone da ricordare, in “Welcome To The Morbid Reich” accade l’esatto contrario. Il livello del songwriting è assai elevato, costante e consistente lungo tutta la durata del platter. Durata non eccessiva, in effetti, ma non indicativa della classe compositiva (basti pensare che “Reign In Blood” ha una durata inferiore alla mezz’ora…).
L’agghiacciante intro strumentale “Ultima Thule”, maestosamente sinfonica, fa da incipit al bestiale attacco fonico di “Return To The Morbid Reich”, terribile assalto all’arma bianca scandito da un gustosamente contratto quanto micidiale main riff di chitarra: un rombo di tuono accompagnato da fulminei pattern di batteria, lacerato dalle rapide rasoiate della lead guitar. Il muro di suono tirato su dalle chitarre ritmiche non ha alcun punto debole nella precisione dei durissimi accordi di derivazione thrash. Nemmeno il tempo di rifiatare, e “The Black Eye” piomba sulle orecchie dell’ascoltatore come un tornado. Spider martoria le sei corde della sua ascia anche e soprattutto durante i pesanti rallentamenti del ritmo, in cui la sensazione di cupa claustrofobia diventa palpabile. Favoloso, poi, il terremotante break centrale di “Come And See My Sacrifice”, smembrato dai blast beats di Paul e dal possente guitarwork di Peter e Spider. “Only Hell Knows”, ed è il massacro totale. Song breve e iper-cinetica, mostra l’irreprensibile valore tecnico del trio nordeuropeo. Con “I Am Who Feasts Upon Your Soul” si lambiscono le fredde brume melodiche del symphonic black metal, sferzate dal thrash di un magistrale palm muting.
“Don’t Rip The Beast’s Heart Out” riprende la strada del parossismo sonoro, guidata per mano dalla stentorea voce di Peter in un tuffo infernale nell’old school death. Quasi un inno al thrash/death, “I Had A Dream?” propone un anthemico refrain da scandire in occasione dei live. “Lord Of Thorns” e “Decapitated Saints”: macello completo, intensità inumana, aggressività incredibile. Il Terrore avanza ancora, con la seconda strumentale da incubo, “They Are Coming”, prima della chiusura con il semi-orecchiabile (sic!) mid-tempo di “Black Velvet And Skulls Of Steel”, che funge da richiamo per le più sotterranee e antiche orde di demoni. 

Da evitare la tentazione del pregiudizio derivante dai passi falsi compiuti nel passato: i Vader sono tornati, e alla grande. “Welcome To The Morbid Reich” è un’onda di pressione dagli effetti distruttivi. Un bestiale, baritonale rimbombo che non mancherà di angosciare i sogni degli incauti, quanto fortunati, possessori dell’infernale dischetto. 

Daniele “dani66” D’Adamo 

 

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Track-list:
1. Ultima Thule 0:49
2. Return To The Morbid Reich 3:26
3. The Black Eye 4:12
4. Come And See My Sacrifice 4:44
5. Only Hell Knows 2:13
6. I Am Who Feasts Upon Your Soul 4:50
7. Don’t Rip The Beast’s Heart Out 3:58
8. I Had A Dream? 3:02
9. Lord Of Thorns 2:38
10. Decapitated Saints 2:41
11. They Are Coming 1:46
12. Black Velvet And Skulls Of Steel 3:19
  
All tracks 37 min. 

Line-up:
Piotr “Peter” Wiwczarek – Vocals, guitar, bass
Marek “Spider” Pająk – Guitar
Paweł “Paul” Jaroszewicz – Drums

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