Recensione: Wet Animal
Nuovo capitolo musicale per Rick Wartell, personaggio già noto al mondo del rock per essere stato il padre dei Trouble, formazione che ha giocato un ruolo importante nella scena dello stoner/doom a stelle e strisce. La band si chiama Wet Animal e dopo dieci anni dalla fondazione (avvenuta nel 1995) riesce ad approdare al debutto.
Il chitarrista di Chicago torna con un disco che, arricchito di una buona dose di sfumature contemporanee, sembra avere tutte le intenzioni di riprendere il discorso musicale proprio da dove diversi anni or sono era stato interrotto. Non a caso questo debut dei Wet Animal suonerà più che familiare ai fan dei Trouble, che ritroveranno a fianco di Wertell – e dietro le pelli – anche il vecchio compagno di battaglie Jeff Olson.
Lo spirito dei Trouble rivive però in modo abbastanza scialbo, in maniera statica, adattata alle tematiche sonore della scena US del 2005 e decisamente al limite ultimo del panorama hard’n’heavy. Fortunatamente, grazie a una discreta solidità in sede di riffing e una prestazione vocale di Shane Pasqualla non sempre da buttare alle ortiche, il combo americano riesce a rendere il disco quantomeno sufficiente. A salvare la baracca sono i pezzi più massicci e dalle lontane parentele settantiane, come Don’t Put Me Down o la conclusiva Relentless.
Tra un tuffo nella modernità e una reminiscenza del passato, tra Black Sabbath e Alice in Chains, questo debutto mescola idee degne di una carriera ventennale a soluzioni sbiaditamente alternative (nell’accezione peggiore del termine): un’ambiguità che non può abitare in un disco di alto livello.
In 10 lunghi anni di gestazione (e con i nomi coinvolti) si poteva fare francamente di meglio.
Tracklist:
01. Soul Alone
02. Lost In My Head
03. Outside A Hole
04. Left Behind
05. Landminds
06. Don’t Put Me Down
07. Fade Away
08. No-Mads Lad
09. Wreathe Of The Roses
10. Relentless
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini