Recensione: We’ve Come for you All
Strana storia quella degli Anthrax , dopo gli inizi che li proiettarono direttamente tra i Big Four del Thrash americano il gruppo, con la separazione da Joey Belladonna e il conseguente arrivo di John Bush alla voce, è passato ad uno stile sicuramente più modernista ed innovativo, col risultato che i loro vecchi fans sono rimasti spiazzati da tutto questo e hanno abbandonato la band.
Il nuovo album prosegue in quello che è il nuovo corso degli Anthrax, infatti in “We’ve Come for you All” è difficile trovare qualcosa che ricordi lo stile della band prima del cambiamento, a parte nell’iniziale “What Doesn’t Die”, dove la doppia cassa del bravissimo Charlie Benante e le chitarre decisamente Thrash oriented in alcuni passaggi fanno sperare, almeno ad un vecchio fan del gruppo come me, un riavvicinamento alle sonorità che fecero grande il gruppo negli anni ’80.
Purtroppo quella data dalla song di apertura è solo un illusione, visto che poi il disco prosegue su coordinate molto “moderne”, anche se non mancano brani piuttosto convincenti come “Superhero”, dotata di ottime melodie molto ben valorizzate dalla voce sempre molto calda di Bush, “Black Dahlia” che passa con estrema disinvoltura da partiture al limite del nu metal ad altre di stampo chiaramente Hardcore, ricordando quelle che sono le radici musicali del gruppo oppure “Think About an end”, dotata di un ottimo appeal e di un riff all’altezza del ritornello che mi ha ricordato non poco gli Iron Maiden.
Di certo non si può contestare agli Anthrax la mancanza di varietà in fase compositiva, come è ben dimostrato da “Cadillac Rock Box”, una canzone che a me è piaciuta davvero molto, grazie al suo approccio molto Rock ‘n Roll (come si può facilmente intuire dal titolo).
Purtroppo, almeno a mio parere, ci sono davvero troppe canzoni che ricordano da vicino il cosiddetto nu metal, di sicuro questo non sarà un difetto per gli amanti delle nuove sonorità, ma sinceramente per me gli Anthrax sono un’altra cosa, pezzi come “Nobody Knows Anything” o la conclusiva “We’ve Come for you All” sono davvero dei brani che non riesco a digerire, anzi a livello personale posso dire che mi da quasi fastidio trovare certe canzoni in un album che porta il nome Anthrax stampato sulla copertina.
La cosa che salta subito all’occhio è l’estrema professionalità e l’esperienza del gruppo in fase compositiva, ascoltando il disco si capisce che la band non è erto composta da pivelli alle prime armi, così come il livello tecnico la band è praticamente incontestabile, con tutti i musicisti che forniscono delle prestazioni davvero di alto livello.
I suoni dell’album sono molto belli e sicuramente adatti alle esigenze particolari che il sound attuale degli Anthrax richiede, grazie soprattutto al lavoro del chitarrista Rob Caggiano dietro la consolle.
Di certo non si può parlare male del lavoro svolto dal gruppo per questo album, tutti coloro che cercano l’originalità a tutti i costi nella musica in “We’ve Come for you All” troveranno sicuramente pane per i loro denti, ma tutti quelli che come me hanno amato gli Anthrax di ormai tanti anni fa non troveranno di certo quello che cercano.
Io non capisco perché quando un gruppo cambia così tanto il suo modo di fare musica non decida anche di cambiare nome, sarebbe, secondo me, un segno di rispetto verso i fans, per tanto non fa6te molto alla caso alla scritta Thrash che ho messo come indicazione per il genere del disco, lo messa più che altro come speranza personale per il futuro…..io intanto vado ad ascoltarmi “Among the Living”.