Recensione: When Dream and Fate Collide
I Frequency si formano nel 2002 ad opera di Linus Wikström (gt) Daniel Hannedahl (d) e Tobias Birgersson (gt) ex membri della death metal band Lothlorien (qualcuno un giorno mi spiegherà l’insolito abbinamento tra il death metal e il bosco elfico di tolkieniana memoria) e della power metal band Melodrama. A questi si uniscono ben presto Glenn Laurén (v) e Mats Halldin (bs) e dopo il classico iter fatto di demo, apparizioni live e su compilation varie, finalmente arriva un contratto e l’opportunità di esordire sulla lunga distanza con questo When Dream and Fate Collide. Chi come me si aspettava un pedissequo mix death-power (o death melodico che dir si voglia), peraltro incoraggiato dall’immagine poco rassicurante posta in copertina, si troverà invece sorpreso dalla proposta del quintetto svedese. I Frequency infatti si rifanno maggiormente al power melodico europeo infarcendolo, però, di spunti decisamente aggressivi (soprattutto nel sound delle chitarre) e di qualche timidissima velleità prog. Di conseguenza le principali muse ispiratrici paiono essere bands come Thunderstone, Firewind o Nocturnal Rites del periodo “Afterlife” e in misura molto minore Masterplan (questi ultimi citati nella biografia, secondo me a torto, come riferimento principale insieme ad Edguy e Helloween). I brani si sviluppano quindi in modo molto fluido e orecchiabile, pregni di melodie, assolo taglienti e riffs rocciosi che tradiscono anche una certa vena “thrashy”. Tutto al posto giusto per creare un bel contrasto sonoro che potrebbe piacere anche a chi reputa il power odierno troppo morbido e per risultare sufficientemente personali nella proposta (personalità raggiunta anche grazie alla voce di Laurén, non troppo stereotipata). Tuttavia, è bene precisarlo subito, non siamo (per ora) di fronte alla band che potrebbe stravolgere gli equilibri della scena power.
Si parte bene con Oblivion che passa in rassegna un po’ tutti gli elementi che compongono l’album e così troviamo un ritornello molto orecchiabile, un break robusto di media andatura, uno melodico e buoni assolo sparsi qua e là. La successiva Pitch Black (ispirata con buona probabilità alle Cronache di Riddick) preme maggiormente sul lato duro e dunque a farla da padrone, per lunghi tratti, è tutta la sezione ritmica (chitarre comprese) che crea un “wall of sound” molto corposo e robusto. Scorrendo velocemente la tracklist troviamo poi, con Time, la classica puntatina nel power dal sapore neoclassico, tutto velocità e ritornelli ariosi (non dimentichiamo che vengono dalla patria che diede i natali ad un certo Malmsteen), mentre nei panni del brano “morbido” troviamo proprio la title track, anche se non stiamo sicuramente parlando di una ballad, vista l’atmosfera per nulla sdolcinata da cui è sorretta. Il resto scorre via in modo piacevole, ma senza particolari picchi creativi, tra le ruvidezze sonore di Facing Destiny e quelle vocali della veloce Fire and Steel, fino a chiudere con la più classica (in senso power) Dimension for the Week.
Riassumendo, quello che offrono oggi i Frequency sono una produzione pulita, potente e aggressiva, brani dal buon piglio e sufficiente personalità. Una buona impressione complessiva che sicuramente porta a promuovere un disco di questo tipo. Tuttavia si sente un po’ la mancanza di qualche brano realmente sopra la media che possa dare al disco, e alla band, quel valore aggiunto per fare il grande salto di qualità. Vedremo cosa succederà in futuro.
Tracklist:
1) Oblivion
2) Pitch Black
3) Distant Light
4) Time
5) When Dream and Fate Collide
6) Facing Destiny
7) Fire and Steel
8) The Wicked Is Born
9) Dimension for the Week