Recensione: When the Aurora Falls…
Dopo un album di debutto non certo eccezionale i piemontesi Highlord diedero alla luce nel 2000 questa piccola gemma di power metal, rimasta sconosciuta ai più a causa di una distribuzione non certo capillare, che merita di essere riscoperta. E’ importante sottolineare che il cantante Vascé ha una voce molto diversa rispetto al suo successore negli album seguenti Andrea Marchisio, meno potente e più pacata ma non per questo meno espressiva e convincente.
Il disco si apre con un’ottima intro d’atmosfera che sfocia nella dirompente cavalcata “…Don’t Kill Me Again” classica opener molto potente con un buon lavoro di doppia cassa del batterista Luca e sorretta dal riffing aggressivo di Stefano, mentre le tastiere e la voce conferiscono il giusto tocco di melodia al pezzo.
Si prosegue con “Frozen Heaven” sicuramente uno degli highlights del disco, un altro brano molto veloce ma più incentrato sul lato melodico che su quello aggressivo dove spiccano il bel ritornello e soprattutto i fantastici duelli di assoli tra chitarra e tastiera nella seconda parte del brano.
Con “We Are Gods” il ritmo si fa più cadenzato e le tastiere coprono un ruolo predominante nel conferire alla canzone la giusta atmosfera.
Subito poi si riparte con “All I Want” un ottimo brano veloce dove spiccano un ritornello veramente azzeccato e la lunga sezione centrale d’assoli, al termine della quale il tastierista ed il bassista creano un bellissimo intermezzo atmosferico.
“Again” è invece la ballad del disco che, a differenza dei lenti “forzati” che si sentono su troppi dischi power, non risulta affatto stucchevole né noiosa grazie all’ottimo gusto per le melodie del gruppo. L’attacco di “Perpetual Fury” invece sembra essere uscito da un disco dei migliori Stratovarius; il brano è lungo e viaggia nuovamente ad alta velocità dove sono le tastiere a farla da padrone insieme all’egregio lavoro alla chitarra di Stefano.
Con “Le rouge et le Noir ” la velocità diminuisce ma non la tensione, infatti si tratta di un pezzo molto particolare e ben riuscito dove risaltano come sempre gli intrecci chitarra/tastiera.
La penultima traccia, nonché la più lunga (ben 9 minuti) è l’altro highlight dell’album ed inizia riprendendo l’intro riarrangiandone le tastiere prima di interrompersi con un riff cattivissimo che ricorda più un disco dei Nevermore che uno power; da qui si sviluppa in un crescendo di tensione un brano molto variegato con diversi cambi d’atmosfera e di velocità ma che rimane assolutamente naturale all’ascolto nei vari passaggi… questo è “Tears Of Darkness“, un brano davvero eccezionale, dove il singer Vascé sfodera le sue carte migliori.
In chiusura troviamo l’acustica “You’ll Never Be Lonely“, l’unico pezzo che probabilmente non regge il confronto col resto dell’album risultando solamente discreto e potrebbe “destare” qualche sbadiglio…peccato.
In definitiva si tratta di un piccolo capolavoro (che a mio parere la band non ha più saputo eguagliare sebbene sia cresciuta dal punto di vista tecnico) fatto col cuore, dove tutti i pezzi hanno una propria identità distinta ma sono accomunati dall’atmosfera sognante e vagamente malinconica che permea l’intero lavoro. La produzione ad opera di Luigi Stefanini (effettuata nei suoi New Sin Studios assieme a Vascé ed al tastierista Alessandro Muscio) è di buon livello e conferisce all’album ulteriore personalità.
Gli unici difetti sono riscontrabili in un paio di cali di tensione (come l’ultima canzone) e in una pronuncia inglese non sempre impeccabile di Vascé ma non intaccano il valore di un disco che consiglio ad ogni amante del power di far proprio.
Tracklist:
01. When the Aurora Falls…
02. …Don’t Kill Me Again
03. Frozen Heaven
04. We Are Gods
05. All I Want
06. Again
07. Perpetual Fury
08. Le Rouge et le Noir (I’m My Worst Enemy)
09. Tears of Darkness
10. You’ll Never Be Lonely