Recensione: Where No Life Dwells
Tomas Masgard, Fredrik Lindgren e Anders Shultz decidono di accompagnare Johnny Hedlund nella sua nuova avventura estrema. Corre l’anno 1989 e il giovane bassista svedese è appena uscito dallo split amichevole con gli allora Nihilist (a breve Entombed). Johnny ha molte idee per la testa, materiale che nei Nihilist è risultato inespresso. Ne seguono quindi tre demo (“The Utter Dark”, “…Revenge” e “And the Laughter has died”), nei quali i quattro si affiatano e pongono le basi per il loro primo album in studio. La Century Media di certo non poteva non notarli: Hedlund s’era già fatto un nome con i Nihilist e nell’underground dei demo i loro certo non si può dire venissero ignorati. Si aprirono così le porte dello studio di registrazione per gli Unleashed e il risultato che ne conseguì è questo “Where no Life dwells”, caposaldo oggi, baluardo, icona di un Death Metal che per molti versi purtroppo non esiste più. La buona stella degli amanti del Death infatti decise di essere clemente con Johnny (spesso split del genere ebbero risvolti anche tragici per molti artisti) e oggi possiamo essere qui a parlare di un assoluto must nel genere estremo (Waldemar Sorychta, già degli Asphyx, è il produttore e si registra ai Woodhouse Studios di Dortmund).
Chi ha potuto ascoltare su vinile lo splendido arpeggio iniziale che fa da intro al disco (la title-track) e la susseguente esplosione di suono che porta a “Dead forever” (uno dei classici della band) è una persona molto fortunata. Già qui, rispetto ad altri capolavori dell’epoca, si fa un distinguo: l’intro è separata dalla prima canzone, come non avviene in “Like an everflowing Stream” dei Dismember (per citarne uno). Scelta diversa, premiata a mio avviso dal fatto che reputo l’incipit di questo disco il più originale tra quelli dell’epoca, se non altro perché denota il tentativo di provare a distinguersi.
Si tratta comunque sempre di puro Swedish Death, quindi deve risultare ruvido, crudo e seminale, bisogna suonare e basta senza perdersi in troppi fronzoli. Segue perciò un trittico che non ha bisogno di molte presentazioni. “Before the Creation of Time”, “For They shall be slain”, per culminare nella mastodontica “If They had Eyes” ci trascinano come legati ad una fune ad un carro in piena corsa in quella che è una delle rappresentazioni massime del Death degli albori. Ancora oggi una canzone come “If They had Eyes” sbaraglia facilmente la concorrenza. Nonostante il suo incedere lento rispetto ad altri brani dell’epoca, ci dimostra che non occorre correre a milioni di bpm per rendere una canzone potente. La scuola Nihilist si sente tutta e il solco tracciato da L.G. Petrov nell’impostare le vocals viene sapientemente ripreso, anche se Hedlund si distingue per essere a tratti più gutturale.
“The Dark One” è un altro pezzo che merita menzione. Come in “If They had Eyes” si odono influenze melodiche stile Doom. L’impostazione è quella classica, che vuole che si passi repentinamente da ritmi lenti a veloci e viceversa per far le fortune anche di questo disco.
Con “Into Glory ride” torniamo a ritmi molto più elevati e a quelle che sono le caratteristiche pure dello Swedish.
Io credo che da “…and the Laughter has died” band come gli Amon Amarth abbiano potuto prendere molte idee sonore (non solo per la tematica Viking, che si può trovare in larga parte durante il disco), specialmente per quel che concerne i suoni di chitarra.
Avviene così, in minor parte, anche per canzoni che entrano di diritto nel Valhalla del Death norreno: “Unleashed” e “Violent Extasy”. Già presenti nei succitati demo pre “Where no Life dwells”, contribuirono fortemente sia a far conoscere gli Unleashed sia a far apprezzare la scuola svedese. Coloro che vogliono conoscere il metal estremo, non possono non passare da qua. Rasenta la perfezione il guitar solo di “Violent Extasy” e davvero non lo si può non citare.
L’opera si chiude con l’altrettanto cruda e potente “Where Life ends”, la più lunga dell’intero disco, che in essa racchiude tutti gli elementi che lo rendono prezioso. Sfuriate violente, tratti melodici Doom Metal e improvvisi cambi di ritmo anche qui la fanno da padroni.
Al giorno d’oggi mi sembra riduttivo pensare che siano solo alcune di queste canzoni che possano essere definite dei classici. Io ritengo che lo sia tutto il cd. Spesso si è considerato gli Unleashed come fratelli minori di Entombed, Dismember e Grave. Magari nel prosieguo della carriera il ragionamento ci può stare, è questione di gusti. Agli albori, sicuramente, Hedlund e soci non sono assolutamente da considerare secondi a nessuno, anzi. Credo infatti che abbiano cercato semmai di distinguersi, di prendere una strada propria e di andare già un passettino oltre. Se non l’avessero fatto, probabilmente, non avrebbero avuto la possibilità di emergere e lo Swedish non avrebbe avuto quel poker d’assi da calare che ha fatto sì che col tempo potesse imporsi come scena pilota nel genere divenendo base di partenza per molti. Se oggi ci basta che una nuova band all’esordio sia svedese per darci garanzia di qualità, lo si deve soprattutto a dischi come “Where no Life dwells”.
Marco “Dragar” Sanco
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Tracklist:
1. Where No Life Dwells
2. Dead Forever
3. Before The Creation Of Time
4. For They Shall Be Slain
5. If They Had Eyes
6. The Dark One
7. Into Glory Ride
8. …And The Laughter Has Died
9. Unleashed
10. Violent Extasy
11. Where Life Ends