Recensione: White Stained Inferno
Con “white stained inferno” i francesi Temnein intendono rappresentare, con il loro secondo full-length “White Stained Inferno”, appunto, l’ambiente medico e, in particolare, quello ospedaliero. Nel dettaglio, i testi si occupano di tutti i passi difficili da compiere nel decorso di una malattia, sia essa fisica o psicologica: dall’insorgere della stessa sino alla guarigione, passando per diagnosi anche infauste, nella lotta contro se stessi e contro la paura della morte. Un argomento sicuramente desueto rispetto ai soliti cliché in materia, coraggioso da affrontare, sicuramente originale e ricco di spunti interessanti.
Pure il melodic death metal suonato dai Nostri non è convenzionale. Niente a che vedere con il gothenburg metal, insomma, quanto a un death massiccio e potente, venato di qualche linea di melodia, ogni tanto, senza che la medesima prenda possesso del sound di “White Stained Inferno”. Ciò probabilmente è causato dal tema del platter, che rende più atmospheric (‘Intro’, ‘Bad Omen’) il suono rispetto a quello del predecessore, “404 B.C.”.
Il contenuto energetico del disco si percepisce già con ‘Ataxia’ e la successiva ‘Denying the Threat’. Soprattutto con la prima delle due, davvero trascinante con il suo rutilante riff portante, diretto, frontale. Ben accompagnato dal semi-growling di Jocelyn Fidry, nocchiero dell’imbarcazione con ai remi le chitarre di Florian Frandidier e di James Camozzi, e al motore il basso di Julien de Giorgio nonché la batteria di Valentin Treuillier.
Proprio in ‘Ataxia’ s’intravede una peculiarità del sound del quintetto di Nancy, e cioè lo stretto legame del sound stesso con l’heavy (Iron Maiden). Si tratta di un elemento sicuramente proveniente dai retroterra culturali dei musicisti poiché, comunque, lo stile di “White Stained Inferno” è adeguato per i tempi che corrono. Uno stile non usuale, come già più su evidenziato, un death melodico adulto e ricco di personalità ma contemporaneamente un death metal che non regala molti spunti innovativi e/o evolutivi da una formula chiara e comprensibile in ogni suo fattore.
Per quello che concerne le song, i Temnein hanno scelto per esse un formato della durata, più o meno, di sei minuti. Non pochi, Come non è poca la durata complessiva del platter, pari a circa sessantacinque minuti. Sia a livello puntuale, sia a livello globale, tali lassi temporali appaiono un po’ eccessivi.
I brani scorrono via con semplicità e naturalezza, questo sì, purtuttavia in più di un’occasione si percepisce un peso sovrabbondante, tale da rendere i brani medesimi un po’ ridondanti, un po’ pesanti da digerire. Inoltre, per tornare al discorso complessivo, il lasso temporale che intercorre da ‘Intro’ a ‘Dawn of a New Day’ pare combaciare con il tratto di una parabola discendente. Cioè, le tracce perdono via via verve e vigore, quasi si fosse proceduto a posizionare a inizio lavoro quelle più riuscite e interessanti.
Per concludere,“White Stained Inferno” parte bene e con freschezza per arrivare meno bene e con stanchezza. I Temnein paiono tuttavia avere qualcosa di più, da dare, nelle corde.
Si vedrà.
Daniele “dani66” D’Adamo