Recensione: White Wings of Nightmares
I Plateau Sigma sono un giovane gruppo (anagraficamente e come formazione) nato ad Imperia nel 2010. Dopo una iniziale fase di rodaggio, ovvia e obbligatoria per tutte le band alle prime armi, giunge la decisione di realizzare un demo. Il risultato sono i cinque brani che compongono questo “White Wings of Nightmares”, un CD che, per lunghezza e struttura, si presenta quasi come un vero e proprio album autoprodotto.
Prima di addentrarci nella disamina del disco, però, è doveroso spendere due parole anche sul nome scelto dal gruppo. Plateau Sigma, infatti, è un termine usato frequentemente nella descrizione degli stati allucinatori, il più delle volte indotti dalle droghe. Si tratterebbe di una delle fasi che possono essere raggiunte durante il cosiddetto “trip”, una sorta di picco oltre il quale si può solo cominciare il ritorno allo stato normale. La durata varia da persona a persona e da sostanza a sostanza, ma in questo stadio la coscienza accede a una specie di mondo parallelo estremamente sgradevole in cui la percezione di tempo e spazio sono totalmente alterate.
Evidenti, quindi, i motivi dei componenti della band nella scelta di questo nome, così evocativo di stati mentali deviati, quasi loro stessi volessero essere una sorta di porta per accedere a nuovi mondi da incubo (come anche il titolo dell’album ci ricorda).
L’apertura è demandata a “In the Air”, lunga song di oltre dieci minuti in cui emerge soprattutto l’anima più doom dei Plateau Sigma. Come inizio è un biglietto da visita di tutto rispetto, perchè si tratta di una canzone con atmosfere belle e ben congegnate, a tratti perfino ottime (splendidi, ad esempio, i passaggi in voce pulita, in questa traccia come in “The Cult of Mitra”). Come dicevo, però, si tratta solo di una delle anime del gruppo, perchè il sound della band, in realtà, si articolerebbe in un complesso equilibrio tra doom, death e qualche riminescenza dalla new wave francese più atmosferica degli ultimi anni, come Alcest e Amesoeurs.
L’inizio della successiva “Lunar Stream Hypnosis”, ad esempio, è decisamente più orientato verso il death, con chitarre pesanti e compresse, una batteria in doppia cassa e pesante growl. Solo verso la fine si vira nuovamente verso soluzioni più ambient, più atmosferiche e rilassate (ancorchè decisamente malinconiche). Questa dicotomia tra i lati più brutali e violenti e quelli più lenti e votati a far emergere le componenti più emotive dei brani, prosegue per tutta la tracklist con risultati di volta in volta migliori e peggiori.
Nonostante la giovane età dei Plateau Sigma, infatti, i musicisti riescono a mettere in mostra doti di composizione e songwriting, nonchè di arrangiamento, tutt’altro che disprezzabili. Certo, qui e là qualcosa da sistemare c’è ancora, ma nessuno pretende la perfezione subito al primo tentativo. Più che altro bisognerebbe forse spendere un po’ più d’impegno in qualche passaggio per riuscire a fondere meglio le anime che si sono scelte per creare il sound dei Plateau Sigma. Se, infatti, i momenti doom funzionano molto bene (e son forse la cosa migliore), così come quelli death riescono ad essere convincenti, dove la band pecca un po’ è nella transizione da uno all’altro.
Punto dolente di quasi tutte le autoproduzioni, ma non per questo meno importante o che si possa tralasciare (soprattutto quando la tecnologia, di giorno in giorno, permette lavori sempre migliori) è chiaramente la registrazione e il mixaggio. Alcuni strumenti, infatti, risultano eccessivamente compressi, quando non addirittura penalizzati da volumi troppo bassi (ad esempio le chitarre), mentre la voce, di contro, è spesso fin troppo alta, a coprire tutto il resto. Il risultato finale penalizza tutto il lavoro, non mettendo in luce a dovere lo sforzo fatto dai musicisti che, invece, magari avrebbe potuto spuntare anche qualche punto ulteriore in sede di voto.
Per concludere i Plateau Sigma sfornano un primo lavoro ben più che dignitoso che, supportato da una adeguata produzione, potrebbe anche valere ben di più. Certo, qualche ingenuità c’è, così come alcune cose son ancora da sistemare e possono certamente essere migliorate. Quello che abbiamo potuto sentire, però, è un primo passo sicuramente sopra la media. Se i Plateau Sigma continueranno su questa strada e non si considereranno arrivati, ma continueranno a migliorare, la sensazione è che potranno ben presto far parlare di loro. Le qualità, in fondo, ci sono e sono evidenti, bisogna solo saperle mettere a frutto. Speriamo che se ne accorga anche qualche discografica e faccia la scelta giusta.
Alex “Engash-Krul” Calvi