Recensione: Widow
Oltre una ventina di band HM, negli anni, ha scelto l’inflazionato monicker Ritual. Per i cultori dell’heavy metal inglese, in realtà, esistono solo quelli nati a Londra, nel 1972, autori dell’esordio ufficiale intitolato Burning, nel 1981, singolo in 7”.
L’aneddotica recita che il Loro primo album, Widow, del 1983, uscì in realtà in sole 500 copie delle 2000 preventivate a causa della mancata stampa, in copertina, del logo del gruppo. La cover, infatti, peraltro molto d’impatto per quei tempi, si presentava con la sola scritta “Widow”, generando quindi un effetto perverso a catena che fece debuttare sul mercato dei full length con un nome diverso da quello previsto. Sempre la leggenda narra che, anni dopo, magicamente ricomparvero negli ambiti dei collezionisti, le versioni anticamente stoccate, con ovviamente dei prezzi all’insù.
La sempre più sorprendente etichetta americana Shadow Kingdom Records si è presa la briga di ristampare su Cd il misterioso album Widow, aggiungendovi quattro bonus track completamente inedite: dalla numero otto alla undici. Onde evitare di ricadere nello stesso errore di venticinque anni fa la label propone il disco con un’inedita, bellissima, copertina, senza però dimenticare di mettere anche l’originale nell’ultima pagina del booklet. Oltre a tutti i testi il succoso libretto offre anche un’intervista al mastermind dei Ritual “Gypsy” Re Bethe, da gustarsi dal primo all’ultimo rigo nonché foto dell’epoca fra le quali ne spicca una con improbabili maggiorate anni Settanta mentre ignude conversano sotto il monicker del combo inglese.
Widow costituisce un lavoro atipico se contestualizzato in un periodo spumeggiante come la Nwobhm: il suono a tratti raggelante e surreale dei Ritual possiede l’eccellenza dei grandi, riuscendo a condensare al meglio la magia dei Seventies con l’urgenza metallica della nuova, devastante, ondata britannica. Fra scrosci di pioggia infiniti, tuoni e concessioni totali alla melodia trovano spazio i fendenti mortali inferti dalla chitarra di Re Bethe, consegnando alla storia dell’HM un episodio eclettico ma nello stesso tempo fortemente magnetico. La voce sciamanica del leader dei Ritual è totalizzante, e in alcuni passaggi ricorda quella di Brian Ross (Satan/Blitzkrieg). All’interno delle undici tracce proposte convivono in maniera eccelsa perle che rimandano ai Judas Priest più oscuri, poi Black Widow, Holocaust, Witchfinder General, Hawkwind e addirittura i Van Halen di inizio carriera. Il tutto, incredibilmente, senza fare a pugni.
Ritual: originali e unici.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
1. Widow
2. Come To The Ritual
3. Rebecca
4. Never For Evil
5. Morning Star
6. Journey
7. Burning
8. Temptation
9. Forever
10. House Of Secrets
11. Into The Night
Line-up:
“Gypsy” Re Bethe – Guitar & Vocals
Phil Mason – Bass
Rex Duval – Drums