Recensione: Wings of tomorrow
Il secondo album degli Europe riprende il discorso iniziato con il debutto dell’anno precedente, ma è un disco decisamente più riuscito e ricco di canzoni di grande qualità. Ancora una volta Tempest scrive tutto o quasi il materiale ed ancora una volta si dimostra un eccellente cantante ed un leader sicuro dei propri mezzi e delle proprie idee. Come negli episodi migliori del debutto, si respira una grande intensità, nonché una grande energia, ma questa volta a beneficiarne è la quasi totalità del disco. Il grande pregio degli Europe, specie nei brani di maggior successo, è la grande facilità nella scrittura di linee vocali immediatamente assimilabili ma mai stancanti, unita alla composizione di brani hard rock muscolosi o di ballate decisamente ispirate. I punti salienti di “Wings of tomorrow” sono senza dubbio “Stormwind”, “Scream of anger”, “Open you heart” e “Dreamer”, che divennero, infatti, i singoli del disco e che lanciarono gli Europe verso la notorietà. “Stormwind” è un hard rock classico, energico, trascinante, caratterizzato da una parte cantata decisamente melodica ed accattivante, ideale per raccontare dell’irruenza di una fanciulla che probabilmente allietò il biondo Tempest prima della scrittura dell’album; “Scream of anger” pigia sull’acceleratore e corre veloce, fragorosa, rapida come il battito del cuore disperato di un condannato a morte, ed è proprio dei suoi pensieri prima dell’esecuzione che si parla nel testo. La chitarra di John Norum sostiene le danze con un riff serrato e ci regala poi un bell’assolo di ispirazione quasi blackmoriana, ma è l’incedere della batteria a non lasciare un attimo di tregua, decisamente una canzone riuscita.
“Open you heart” è uno dei brani più celebri del gruppo svedese ed ascoltandolo si capisce perché: la melodia vocale di questa ballata è struggente, ispirata, bellissima, mentre l’atmosfera triste della strofa si trasforma in frustrata rabbia durante ritornello che innalza il ritmo della canzone. Anche l’assolo è molto bello, melodico, preciso e trascinante, un’ottima prova di Norum.
“Dreamer”, come suggerisce il titolo, è sognante e ci trasporta in una lunga notte d’estate, tra le speranze di un ragazzo che vuole dimostrare di esserci, nonostante la vita sia per lui difficile e dolorosa. Tempest riesce come pochi a dare voce al cuore e la ballata in questione beneficia di un’interpretazione vocale toccante ed efficace (che ne fa un altro grandissimo successo commerciale), sostenuta ancora una volta da un bell’assolo della chitarra di Norum. Le altre canzoni del disco, sebbene meno immediate ed orecchiabili, si assestano su un buon livello e mostrano il lato muscoloso e ruvido di un gruppo che divenne famoso soprattutto per le sue hit melodiche. Esemplare risulta “Treated bad again” che si sviluppa su un riff di chitarra pieno, carnoso, caldo ed elettrico che quasi assume le tinte di un blues/rock alla “Mistreated” dei Deep Purple, interrotto da sprazzi di solismo di buona fattura. Tempest si fa più rauco, nervoso, sporco e cattivo, adeguandosi alla polverosità del brano e questo dimostra che gli Europe avevano un grande talento ed una forza espressiva non comune. “Aphasia” è uno strumentale utile più che altro a fare da vetrina alle capacità tecniche di Norum oltre che a spezzare l’album in due parti, una sorta di intervallo chitarristico dove il nostro eroe delle sei corde ci regala alcuni esempi di velocità, precisione, melodia e senso ritmico….non male, ma manca un tema capace di conficcarsi con forza nelle orecchie dell’ascoltatore. La title-track galoppa senza eccessiva enfasi su un riff onesto ma non memorabile, mentre la voce del solito Tempest solleva la canzone con una linea melodica piuttosto riuscita che introduce poi un paio di assoli belli e puliti, si tratta di un brano che avrebbe potuto essere migliore ma che riesce a rimanere sufficientemente impresso. “Wasted time” soffre invece di un riff un tantino ripetitivo e di una melodia vocale carina ma non troppo coinvolgente, specie nella strofa, forse perché c’è una certa aria di sfiducia nel brano. L’assolo di chitarra per fortuna mostra uno sprazzo di fuoco e di funambolismo, ma questo, purtroppo, si spegne presto. Nel complesso si tratta della canzone forse meno bella del disco. “Lyin’ eyes” aggiusta un po’ il tiro ed aumenta il ritmo delle pulsazioni, ricordandoci di che pasta sono fatti i nostri eroi, portando una certa dose di rabbia ed energia ed una prestazione chitarristica tagliente nell’assolo, mentre il resto del brano scorre piacevolmente su di un ritmo spedito e con una melodia piacevole. Il disco si chiude con “Dance the night away” che trae giovamento da un riff decisamente groovy e da un ritmo incalzante (buona la parte di batteria), nonché da interventi solistici di Norum che si fanno apprezzare per la loro precisione. La linea vocale, benché tutt’altro che memorabile, è comunque abbastanza coinvolgente e rimanda a certe cose dell’hard rock americano di quel periodo, secondo l’atmosfera generale della canzone (che tra l’altro ruba il titolo ad un pezzo dei primissimi Van Halen). In generale “Wings of tomorrow” è ben più di una conferma di quanto di buono si poteva intuire sul debutto del quartetto svedese, si tratta di un bel disco di hard rock anni ’80, anche se poco tra i solchi di questo album lascia presagire il travolgente successo del fenomenale “The final countdown” che uscirà da lì a un anno.