Recensione: Wintersun

Di Alessandro Zaccarini - 28 Gennaio 2005 - 0:00
Wintersun
Band: Wintersun
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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52

Traguardo del debut-album raggiunto anche per i finlandesi Wintersun, band nata come solo-project di Jari Mäenpää, ex-chitarra e voce degli Ensiferum. In questa prima release, che raccoglie materiale composto tra il 1995 e il 2003, il mastermind finnico si occupa di chitarre, basso, voce e sintetizzatore, mentre per le linee di batteria si affida ai servigi di Kai ‘The Grinder’ Hahto, elemento decisamente attivo nel panorama estremo con numerose collaborazioni e presenze in diversi progetti death e grind.

Nonostante queste discrete premesse, l’apparizione sulle scene dei Wintersun verrà ricordata tra le cose più tediose e malriuscite del 2004: l’apertura dell’album è infatti affidata a due pezzi, Beyond The Dark Sun e Winter Madness, incredibilmente noiosi, scontati e dozzinali, dove la band riprende le cose peggiori del panorama e le miscela in 9 minuti di sofferenza indicibile per l’ascoltatore. Ritmiche per lo più soporifere e melodie all’apice dell’impersonale grazie a quelle odiose scale iper-abusate vicine ai Children Of Bodom e alle cose peggiori dei Rhapsody. Fortunatamente, da qui in poi, il songwriting mostrerà qualche segno di vita. Niente composizioni frutto di grande ispirazione, ma almeno viene lasciata alle spalle la soglia dell’assolutamente inascoltabile. Nelle più lente Sleeping Stars e Death And The Healing si riesce ad intravedere qualche passaggio vagamente atmosferico e un salto di qualità (chiamiamolo così) delle linee vocali. Qualche miglioria si nota anche nei pezzi tirati come Battle Against Time e Beautiful Death dove Kai Hahto (probabilmente incastrato nel progetto con qualche strano e arcano espediente) mette un po’ di suo dietro le pelli, nel tentativo di risollevare una parte ritmica decisamente banale. A grande sorpresa Starchild suona quasi coinvolgente, grazie all’uso discreto di un paio di cambi di ritmi e di cori e, udite udite, un break abbastanza prossimo all’epic scandinavo dove la band si avventura persino in piccole leggerissime vene folk. Quello che di buono c’è in Wintersun finisce però qui, poiché la semi-ballad/suite finale di oltre 10 minuti Sadness And Hate, seppur viaggi sopra la media dell’album, non presenta praticamente nulla degno di nota.

I Wintersun sono un’altra di quelle creature pseudo-power (da leggersi in un sol fiato come “solito power sinfonico banale e pluri-sentito camuffato da death melodico o chissà quale altro ibrido per via di qualche linea vocale sporca“) che la Finlandia sta sfornando in buon numero negli ultimi anni. Se nel forziere finnico ci sono gemme di grande valore come i Turisas o gli Ensiferum del debut, ci sono però anche band decisamente lontane da questi valori, che poco o nulla hanno da dire all’interno di una scena piuttosto giovane ma che suona già satura. A mio avviso è questo il caso dei Wintersun, che nonostante un lavoro dalla lunga gestazione, non riescono a superare la soglia della mera sufficienza. Personalità uguale a zero, e lavoro riservato, forse, ai soli affezionatissimi del genere.

Tracklist:
01. Beyond The Dark Sun
02. Winter Madness
03. Sleeping Stars
04. Battle Against Time
05. Death And The Healing
06. Starchild
07. Beautiful Death
08. Sadness And Hate

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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