Recensione: Witches
Dietro al nome di Elvira Madigan troviamo una sola persona: Marcus H, in seguito allo split della sua band nel 1995 egli decide di mettere in piedi un nuovo gruppo del quale però avrebbe fatto parte solo lui stesso. Lui scrive tutte le canzoni, le musiche, gli arrangiamenti, canta e suona tutti gli strumenti, inoltre si occupa interamente anche della produzione e della grafica.
A quanto si legge nel promo pervenutomi la musica è stata composta unicamente per il piacere di comporla e di suonarla, senza andare a guardare se essa si sarebbe potuta ascrivere a un qualsiasi genere musicale o se avrebbe potuto avere un mercato. Sinceramente dopo aver ascoltato questo disco mi rendo conto che non sono parole a caso, infatti dubito che questo album possa trovare facilmente un mercato.
Ma andiamo a parlare di questo disco, un album piuttosto complesso soprattutto a causa del gran numero di tracce e della scelta di trattare un concept un po’ particolare legato alle streghe e ai roghi di Salem. Ascoltandolo ci si rende conto che probabilmente l’intenzione dell’autore era di fare un disco che aspirasse a grandi cose, purtroppo secondo me l’album non è all’altezza delle aspettative ne di chi vi si accosta ne di chi lo ha composto.
Le pecche che si possono notare immediatamente anche solo a un primo ascolto sono molte ed evidenti, le tracce sono frammentarie e molto diverse tra loro. Questo potrebbe essere letto come una qualità o una pecca perchè per esempio un gruppo come i Die Apokalyptischen Reiter hanno fatto dell’ecclettismo il loro cavallo di battaglia, a me non sembra che sia il caso anche di questo disco però.
Una delle cose che inoltre al primissimo ascolto colpisce subito è la voce del cantante, che ovviamente è sempre lo stesso Marcus H che ha suonato anche tutti gli strumenti e composto tutte le musiche. Da questo punto di vista forse gli avrebbe reso un migliore servizio un cantante vero, nonostante il suo impegno il suo scream è a tratti piuttosto imbarazzante e il growl invece risulta confuzionario.
Purtroppo ad ascolti ripetuti dell’album tendono ad emergere anche quei difetti non subito percepiti, mi riferisco in particolare all’arrangiamento delle canzoni e alla produzione. L’arrangiamento in gran parte delle canzoni risulta essere un po’ caotico al punto da dare, in alcuni momenti, un effetto quasi cacofonico con strumenti che si ammucchiano tra loro, oppure passaggi tra un riff e l’altro, tra una melodia e l’altra troppo netti come se fossero pezzi completamente separati tra loro anche se fanno parte della stessa canzoni. Riguardo alla produzione in questo caso l’album soffre sempre per la decisione del musicista di fare tutto da solo, così troviamo una produzione altalentante tra le tracce che compongono il disco, alcune leggermente migliori, altre che paiono registrate davvero in cantina con un fastidioso e fuori luogo rumore di fondo.
In conclusione un disco che probabilmente era nato nelle migliori intenzioni e che avrebbe anche potuto avere qualcosa da dire, purtroppo mi sento di dire che a mio avviso è stato rovinato dall’intenzione dell’autore di fare tutto da solo. Gli strumenti benchè suonati tutti da lui solo suonano bene, il problema si rileva principalmente dal punto di vista vocale, degli arrangiamenti e della produzione. Forse un po’ più di umiltà nell’ammettere i propri limiti avrebbe giovato a questo album.
Tracklist:
01 Anno Domini 1232
02 Orroborros & The Pilgrim
03 Lilliannah – Demonologi For Domda
a) Skogfrun i backen – b) portal
04 Nocturne
05 Crestfallen
06 Kvinnorovet
07 Haxor, Maror, Och Vottror
08 Djavulens Novis
09 ecclesia non novit sanguinem?
10 Interludium I
11 The Kindred (Salem 1692)
12 Ritual (Varsel Del 1)
13 Gregory IX
14 Dark is the Seraphim
15 Honeythorne
Alex “Engash-Krul” Calvi