Recensione: With Hunger Undying

Di Tiziano Marasco - 28 Dicembre 2015 - 7:00
With Hunger Undying
Band: Ur draugr
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2015
Nazione:
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55

Giungono al debutto gli Ur Draugr, band che proviene dalla Nor… no frena tutto! Dall’Australia!

Incredibile ma vero, il mondo coloniale e post coloniale britannico di matrice squisitamente anglofona (vale a dire appunto Australia e Stati Uniti) sta sfornando gruppi, su gruppi, su gruppi, su gruppi, molti dei quali validi, nel panorama black, ma proprio black nero, cupo e oltranzista. Fermandoci alla terra dei canguri, i Ne Obliviscaris sono sulla bocca di tutti, pur non essendo esattamente neri e oltranzisti. Ancora, i Mithocondrion sono una realtà affermata e negli ultimi 2 anni ha iniziato a far parlar di sé gli ottimi e ortodossamente affascinanti Midnight odyssey. Potremmo continuare ma accontentiamoci.

In questo popò di gruppi ecco apparire gli Ur draugr, che l’anno scorso si erano messi in luce per un Ep che aveva fatto gridare certuni al miracolo. Ora giungono al meritato debut, che giunge cavalcando un grande artwork evocativo e recante il titolo di With hunger undaying. Un disco che si presenta, dall’inizio alla fine, all’insegna di una ferocia che mischia il black più rapido e tempestoso alla turpe, monolitica pesantezza. Prendete Evangelion dei Behemoth, fate finta che duri uguale ma sia suonato ad una velocità di 5 volte superiore. Non saprei dire se il risultato sia simile alla musica degli Ur draugr, sicuramente però le vostre orecchie, finito all’ascolto, in entrambi i casi saranno in uno stato critico.

Uno stato assai simile, che si tratti di un caso come dell’altro. With hunger undaying è un disco robusto con sonorità costruite e strutturate, insomma un disco tecnico e cattivo. Indiscutibilmente ha molte frecce al suo arco, non ultimo un bel paio di riff di chitarra acidi e stridenti che riescono, non si sa come, non a bucare il muro sonoro ma a fondersi splendidamente con esso. Problema fondamentale di questo album è che, al di là di pochi riff sopraffini e di alcuni break atmosferici, è monocorde, piatto nella sua veloce tecnica, una grandinata che per un’ora si abbatte sulla scatola cranica. Per i primi 10-20 minuti ti diverti, dopodiché inizi ad annoiarti.

Insomma, potrei aver preso un granchio, ma il tecnicismo degli Ur draugr, unito alla loro putrescente ed esasperata ferocia, troppo sporadicamente inframezzata da da alcuni passaggi oscuri, rende il disco molto più estenuante che affascinante, a patto che non siate dei fervidi estimatori del genere. Idee buone ce n’è e le individualità sono indiscutibili, ma gli oceanici dovranno impegnarsi per entrare nella stretta cerchia di gruppi classicamente black, o blackened death, che emerge dalle tenebre del panorama estremo mondiale. Fatto è che il titolo di questo disco purtroppo è veritiero, la mia hunger di black valido è ben lungi dall’esser dead.

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