Recensione: With Oden on Our Side
Quando nacquero gli Amon Amarth circa 15 anni fa, nessuno avrebbe immaginato la scalata al successo avvenuta in questi ultimi anni, specie alla luce di una carriera abbastanza priva di scossoni fino all’inizio del nuovo millennio. Fatto peculiare se si pensa ai lavori di gran livello prodotti nel periodo pre-Vs the World, e fatto ancora più peculiare se si pensa che l’album che portò i cinque svedesi alle luci della ribalta fu proprio quello considerato da molti l’anello debole della loro discografia, Fate of Norns.
Il merito di tale successo è anche da attribuire a Metal Blade, che negli ultimi anni ha concentrato ogni singolo sforzo per tentare di portare al successo gli Amon Amarth generando una mole di merchandising e finanziando ristampe, un sontuoso live e due album in edizione speciale a prezzi davvero competitivi.
Proprio l’accessibilità di Fate of Norns e la promozione martellante (magliette, pantaloni, bandane, scudi per parabrezza, boccali, accendini, apribottiglie, poster, video musicali, interviste, pubblicità in radio, televisione e sulla rete) ha portato l’ondata maggiore di fans tra le schiere degli Amon; tuttavia tra i fans d’annata – o anche semplicemente tra quelli che hanno conosciuto la band tramite il violento Versus the World – serpeggiava un certo timore che l’eccessiva commercializzazione li avrebbe resi privi di spina dorsale.
La notizia dev’essere evidentemente arrivata anche alle loro orecchie, tanto che già nelle conferenze stampa (una su tutte quella di Wacken 2006) e in alcune interviste, tra il solito marasma di risposte promozionali sono usciti dei segnali abbastanza evidenti di un cambiamento imminente.
Cambiamento avvenuto a tutti gli effetti con With Oden on our Side, sesta attesissima uscita, preparata a lungo dal Metal Blade e istradata dai soliti show di presentazione in Germania e Olanda.
Il sound rimane ancora una volta unico: chiunque conosca anche solo un album degli Amon Amarth si sentirà immediatamente a casa grazie alle chitarre profonde, alla batteria serrata e al growl inconfondibile di Johan Hegg. Il sound Amarthiano del 2006 prende un po’ di distanza da quello di Fate of Norns e ritorna a quei periodi più felici di Vs the World strizzando l’occhio ben più di una volta a quello che viene considerato il loro capolavoro, Once Sent from the Golden Hall.
Parliamo di Viking Metal di distinto stampo Death, connubio decisamente raro nell’ambiente, con un occhio di riguardo per l’aspetto più melodico del genere. L’album è stato costruito a regola d’arte, seguendo dettami precisi e puntando sulle caratteristiche critiche che hanno decretato il successo di alcuni loro cavalli di battaglia, senza tralasciare una buona dose di ispirazione che ancora traspare tra le strutture quasi artificiali delle nove tracce.
Ricompaiono a gran richiesta i beat sferzanti e molesti che erano spariti dai tempi di Vs the World, nella forma di un “Asator” veloce e brutale che già si candida come cavallo di battaglia per i prossimi tour atlantici. Gli ascoltatori più smaliziati ritroveranno molti punti d’appoggio in quest’Oden, specialmente ascoltando quel “Gods of War Arise” che riprende il discorso iniziato da Death in Fire e lo conduce, grazie alle melodie chirurgicamente inserite nel mare di chitarre, verso lidi che non si calcavano dai tempi di The Crusher con il suo Annihilation of Hammerfest.
Il suono gonfio, pieno e aggressivo accompagna l’ascolto con soddisfazione lungo buona parte dell’album e traccia sentieri sempre diversi grazie a un’oculata scelta dei fraseggi, sempre catchy e mai ripetitivi, lontani dalla pasta viscosa nella quale entravano continuamente in conflitto le canzoni di Fate of Norns.
Qui ogni canzone fa storia a sé stante, entra bene nella memoria e difficilmente ne uscirà grazie anche ai testi, banali ormai come si confà al marchio di fabbrica Amarth, ma di facile assimilazione e di grande trasporto epico. Del resto questo è metal da guerra come può esserlo quello dei Manowar o dei Turisas, con i quali condividono evidenti similitudini cromatiche nelle copertine.
Non mancano i momenti particolarmente riflessivi, come la notevole “Hermod’s Ride to Hel – Loke’s Treachery“, traccia cadenzata e quasi intellettuale, anch’essa impreziosita dai soliti giri melodici che promettono faville in sede live.
L’album scorre tumultuoso e l’interesse rimane vivo fino all’ultimo secondo, e ci auguriamo tutti che questo trend venga trasmesso di album in album finché l’ispirazione grazierà Hegg e soci. In un contesto di album più che buono bisogna rimarcare un paio di lati fastidiosi, primo fra tutti la brevità delle canzoni. Ormai è conclamato che gli Amon Amarth da alcuni anni a questa parte producano lavori destinati alla scena live, e non essendo mai stata una band particolarmente verbosa, questa caratteristica si traduce in canzoni brevi e intense. Nel caso di Oden le canzoni sono particolarmente brevi e sembrano quasi interrompersi di colpo in più di una occasione, quasi come fossero già confezionate per essere scatenate in sede live. A volte l’interruzione lascia un po’ di amaro in bocca, ci si attende un assolo che non arriva mai o una parte “catartica” che scarichi l’adrenalina. Per alcuni, specie chi mastica pane e Bolt Thrower, non sarà un problema notevole, mentre per altri alcune canzoni avranno l’effetto di un coitus interruptus.
Il secondo problema è di matrice più generica e sottile. Al tempo in cui uscì Fate, più volte Mikkonen e Hegg si mostrarono genuinamente soddisfatti della direzione intrapresa, giudicandola più matura e introspettiva. Con WOOOS le carte sono cambiate in tavola, e sono delle carte che visibilmente tentano di recuperare i fans di vecchia data, oltre a volersi tenere quelli entrati nell’ultima parte della loro carriera. Laddove sono stati tacciati di aver perso la violenza è apparso Asator, laddove sono stati tacciati di aver perso melodie selvagge è apparsa l’ottima “Runes to My Memory“, laddove sembravano aver perso le loro atmosfere drammatiche e malinconiche è apparsa “With Oden on our Side“.
Addirittura alcune canzoni sono pregne di giri melodici tanto serrati e taglienti da assumere atmosfere blackoidi. Quest’album nella sua interezza è un ibrido talmente ben architettato da suonare decisamente sintetico, costruito a tavolino e sottoposto alla casa editrice. Mi suona poco spontaneo, molto meno del genuinamente goffo Fate of Norns o del drammatico e quasi goliardico Avenger. Che gli Amon Amarth debbano mantenere l’immagine rude e tosta di guerrieri vichinghi perché ormai è quella la direzione verso cui premere per raggiungere la fama è ormai un dato di fatto; tuttavia, se questo artificio d’immagine inizia a penetrare anche nei loro album la situazione potrebbe diventare potenzialmente pericolosa.
È ancora presto per stabilire quale sia la vera direzione intrapresa da una band che è stata scoperta solo di recente, e che al momento punta solamente a recuperare il terreno perso nella prima parte della loro carriera. Forse verrà fagocitata da Metal Blade per diventare una fabbrica di soldi, o forse riuscirà a mantenere un equilibrio più o meno perfetto tra genuinità e compromessi. Questo lo scopriremo quando arriverà il momento.
Nel frattempo il dato concreto è rappresentato da un ottimo album, dotato di registrazione impeccabile e presentato in un digipak lussuoso, con copertina sbalzata, un libretto esaustivo e un secondo CD bonus, come di consueto, che contiene due tracce live e quattro registrazioni dimostrative di alcune delle loro canzoni più interessanti.
I maniaci degli Amon Amarth quest’anno possono ritenersi dunque più che soddisfatti: in 3 DVD e 2 CD appena pubblicati è stata riproposta la quasi totalità della loro discografia ufficiale senza passare dalle solite ristampe mangiasoldi: solo un mare di live e nove nuove canzoni da gridare e headbangare, corno e spada in mano, a ogni pié sospinto.
TRACKLIST:
1. Valhal Awaits Me
2. Runes to my Memory
3. Asator
4. Dermod’s Ride to Hel-Loke’s Treachery Part 1
5. Gods of War Arise
6. With Oden on our Side
7. Cry of the Black Birds
8. Under the Northern Star
9. Prediction of Warfare
CD BONUS:
1. Where Silent Gods Stand Guard (Live)
2. Death In Fire (Live)
3. With Oden On Our Side (Demo)
4. Hermod’s Ride To Hel-Lokes Treachery Part 1 (Demo)
5. Once Sent From A Golden Hall (Sunlight Recording)
6. Return Of The Gods (Sunlight Recording)