Recensione: Withdraw From Reality
Carriera breve ma intensa, quella dei piemontesi Broken Glazz; ensemble con tutte le carte in regola per competere con act all’epoca (1990) ben più blasonati. Purtroppo, questa fulgente realtà del panorama tricolore, dopo aver deliziato i propri fan con un demo, due full-length e un EP, si spense ritornando ‘assenza di luce’ nel vuoto cosmico. Un po’ come una stella che quanto più ardentemente risplende nel cielo, tanto più rapidamente è destinata a esaurirsi.
I Broken Glazz si formarono sul finire degli anni ’80 in una Torino che, allora, era in un certo senso il cuore pulsante della scena metal nostrana. Dall’hinterland torinese provenivano gruppi come Braindamage, Creepin’ Death, Elektradrive, Fil Di Ferro, Gow, Jester Beast e molti altri. Tra cui, proprio, i Broken Glazz. Gruppi la maggior parte dei quali aveva stabilito il proprio punto di ritrovo sotto l’obelisco di Piazza Statuto: luogo di aggregazione per condividere esperienze, organizzare concerti e così via. Dopo essere venuti alla ribalta vincendo il Festival degli Sconosciuti di Teddy Reno, i “Vetri Rotti” pubblicarono un demo autoprodotto nel 1990, che valse loro la firma con la Dracma Records. Label torinese in rapida ascesa – autrice della nota compilation “Nightpieces” – , con la quale i Broken Glazz realizzarono il debutto “Divine” (1991), osannato da buona parte degli addetti ai lavori e, soprattutto, dai fan stessi. Ma proprio quando tutto sembrava volgere al meglio il gruppo e il cantante/chitarrista James Wynne scelsero di intraprendere strade differenti (Wynne formerà poi i Vanity-X). La Dracma presentò ai Nostri il talentuoso chitarrista Luca Balducci, mentre Ivan Appino si propose anche come cantante (oltre a dedicarsi alla sei corde) e con questa rinnovata line-up, nel 1992, sfoderarono “Withdraw From Reality”.
Per spiegare il genere di musica proposto, ritengo sia pertinente fare riferimento ad album come “Countdown To Extinction” (e non solo) dei Megadeth – il cantato di Ivan Appino ricorda lo stile di Mustaine – e “Never, Neverland” degli Annihilator, e quindi un heavy/thrash piuttosto tecnico. Scegliendo cioè di puntare più su composizioni ricercate che non sull’impatto assassino tipicamente thrash. Altra caratteristica del sound dei Broken Glazz sono i richiami a gente come i Death Angel e i Mordred per le loro venature funky/prog. Un esempio su tutti: “7.7.2.” (molto probabile il riferimento alla legge 772/1972 sul servizio militare e l’obiezione di coscienza), una traccia molto ritmata per merito dell’ottimo basso pizzicato da Pier Querio – ottimamente affiancato da Andry Verga dietro le pelli – e il buon uso dello wah-wah alla chitarra. Musicalmente parlando, discorso simile per “Colours In Grey”, con l’interessante testo ispirato alla filosofia eraclitea o più in generale, orientale. Per rendere fruibili le composizioni, solitamente abbastanza articolate, i torinesi fanno poi un sapiente uso di melodie e armonizzazioni cupe e intimiste, mai stucchevoli. L’opener “Lady War” (raffigurata in copertina da un concept di Andry Verga) e “The Legion”, oltre che per i bei fraseggi e soli delle due asce, s’imprimono istantaneamente nella mente per i chorus davvero efficaci e ficcanti; mentre “A Foot In The Grave”, “Neverworld” (molto avvolgente il giro di basso), “Empty” e “I’ve Betrayed My Soul” mostrano il lato più oscuro della musica dei Broken Glazz e della loro interiorità. “Still Life” e “Starry Sky” sono i brani più convincenti, che rappresentano un po’ la summa di quanto detto precedentemente. A chiudere la release, “I Love It Loud”, cover dei celebri Kiss, in una coinvolgente versione heavy.
Dopo la pubblicazione del disco in esame e dell’EP “Solitude”, i Broken Glazz furono vicini a firmare per un’importante major ma, nonostante l’indubbia capacità del quartetto, la cosa non andò mai in porto. Oltretutto, il materiale per un nuovo full-length era praticamente pronto ma, a causa di dissidi interni, il gruppo si divise facendo perdere le proprie tracce. Si dice che omaggiarono i membri del proprio fan club con le registrazioni del futuro album (da un lato della cassetta) e del concerto di addio tenuto presso la Dracma. Di recente, però, il combo torinese è tornato sulle scene con almeno una data in programma e la ristampa di “Withdraw From Reality”. Il consiglio? Se ancora non li conoscete e questa recensione è riuscita nell’intento di stimolare il lettore all’ascolto/riscoperta delle valide, ma troppo spesso sfortunate, band ‘made in Italy’, non pensateci due volte e fate vostro questo CD.
Orso “Orso80” Comellini
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Track-list:
1. Lady War 4:18
2. 7.7.2. 3:32
3. A Foot In The Grave 4:23
4. Colours In Grey 4:55
5. The Legion 4:32
6. Starry Sky 5:12
7. Neverworld 4:44
8. Still Life 5:06
9. Empty 1:51
10. I’ve Betrayed My Soul 3:58
11. I Love It Loud 3:08
All tracks 46 min. ca.
Line-up:
Ivan Appino – Vocals, Guitar
Luca Balducci – Guitar
Pier Querio – Bass
Andry Verga – Drums