Recensione: World Demise
E’ molto difficile parlare di una band agli esordi della carriera, perché si corre il rischio di dare giudizi troppo affrettati, o approssimativi, di fare paragoni con altre band già magari più formate e che hanno saputo darci molto in gradimento. Non è altrettanto semplice dissertare riguardo una band all’apice della carriera e allo zenith compositivo. Spesso il rischio è d’incappare in un’enfasi eccessiva, adulatoria, e in fondo in fondo noi fans non vorremmo mai vedere dipinto sul volto dei nostri beniamini quel senso di appagamento che prima o poi inevitabilmente arriva. Ogni album è storia a sé, anche se talvolta viene inserito dall’artista in un contesto ben preciso (ad esempio una trilogia), ma è sul singolo elemento che siamo chiamati ad esprimerci.
Caso volle che questo World Demise giungesse proprio dopo tre assolute opere d’arte da parte degli Obituary. Lo sfarzoso esordio Slowly we rot, il dai più considerato capolavoro Cause of Death il maturo The end complete. A questo punto sarebbe facile attendersi l’apoteosi. Sarebbe, ma non è così. Obiettività e senso di giustizia devono però farci dire che World Demise è sicuramente coerente e in linea con la produzione “so far so good” dei cinque di Tampa, una statua che di certo viene estratta dal medesimo marmo delle tre precedenti. Pur senza strafare rispetto agli altri tre lavori, dalla Florida ci arriva un disco ancor più articolato in certi punti, rispetto alle produzioni seminali e istintive precedenti. La band qui si concentra maggiormente sulla struttura e sull’arrangiamento dei pezzi. Esempi da citare sono la title-track, “Redefine”, “Splattered”, “Final Thoughts” e “Kill for me” (dove vi sono addirittura una intro e un finale tribal), che ci dicono che la produzione è qualitativamente migliorata, che l’arsenale nell’obitorio è molto più rifornito che negli anni passati, perché, ebbene sì, è giunto il successo. I più puristi forse potevano storcere il naso all’epoca, però non mancavano brani come “Don’t care”, “Burned in”, “Solid State” e “Set in Stone” a rammentare loro le origini e le tradizioni della band.
Nel complesso, quindi, World Demise non sfigura di certo, nonostante sia all’ombra di tre colossi. Non sempre le band che hanno successo provano ad inserire (anche solo qua e là come avviene in quest’opera) elementi di novità rispetto al passato e bisogna dare atto a coloro che lo fanno.
Se guardiamo agli ultimi lavori degli Obituary, viene tanta voglia di trovare quel coraggio che in quel lontano 1994 c’era. I cambi di line-up e il tempo mutano le alchimie ed è pressoché impossibile tornare indietro. Nel tempo il disco venne riedito con l’aggiunta di quattro bonus tracks.
Marco “Dragar” Sanco
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Tracklist (1-12 disco originale, 13-16 bonus tracks della re-issue):
1. Don’t Care
2. World Demise
3. Burned In
4. Redefine
5. Paralyzing
6. Lost
7. Solid State
8. Splattered
9. Final Thoughts
10. Boiling Point
11. Set in Stone
12. Kill for Me
13. Killing Victims Found
14. Infected (live)
15. Godly beings (live)
16. Body Bag (live)