Recensione: World Of Tombs
Gli Horned Almighty tornano all’assalto dopo quattro anni dal precedente “Necro Spirituals” del 2010.
Inizialmente pensati come side-project del cantante S. e del chitarrista Hellpig, sono presto diventati la band principale sulla quale investire e convogliare le forze. E dal duo iniziale furono reclutati Harm alla batteria e Haxen al basso per devastare e mettersi in luce come una delle realtà più interessanti in ambito death/black metal europeo.
Un blend tra i primi Celtic Frost, l’aggressività dei Discharge e i doom tipici degli Autopsy sono il materiale che ha forgiato lo stile della band, incentrato su un sound tipico del black metal d’inizi anni ‘90. E la cosa è particolarmente evidente nelle prime produzioni, mentre col tempo la band si è portata su un binario prettamente death, con vaghi sentori black al proprio interno, e il nuovo “World Of Tombs” è una pugnalata a sangue freddo, un disco possente, poco sperimentale, ma pieno di rabbia, energia e tanta passione, che, nonostante sia ancorato alla old-school, risulta allo stesso tempo avvincente e fresco.
L“Intro” è come da tradizione uno spunto di riflessione su ‘e ora cosa accadrà?’, ed ecco che la title-track è una partenza a brucia pelo, che mette in contrapposizione la tradizione distruttiva con i tempi dispari e gli appigli melodici che si alternano a riff di stampo scandinavo. Buoni i cambi di tempo e tutto gira alla perfezione con la voce di S. in prima linea a dar battaglia.
Il riff e la ritmica thrasheggiante di “Diabolical Engines Of Torment” cambiano momentaneamente rotta andando a spingere sull’acceleratore per tutta la sua durata, mettendo in buona luce la ritmica affidabile composta Haxen e Harm.
“Unpure Salvations” rallenta momentaneamente la furia cieca del quartetto danese, ma senza dare l’impressione di svuotare l’aria. Nonostante il metronomo sia sotto gli standard, il sound risultante è di una band rodata e messa a puntino in ogni dettaglio, pronta a sputare in faccia accenni di old-school, ma con una grinta ed energia che hanno un loro fascino.
“Plague Propaganda”, “Of Flesh And Darkness” e “This Unholy Dwelling” sono cavalcate di death metal purissimo 100%, spinte a mille dall’inizio alla fine, con pochi istanti di tregua creati da stop, ripartenze e tempi sottotempo, che comunque non scaricano mai l’atmosfera incendiaria che impone la band come ingrediente basilare.
“In Torture We Trust Pt.II” è un medium di quelli che dal vivo possono risultare fatali per il vostro collo. La sezione ritmica è una scheggia e il riff ruvido e preciso della sei corde di Hellpig riesce ad esser trascinante e non particolarmente scontato. Il brano si siede melodicamente su 6/8 nella parte centrale prima di scatenare la furia nel finale.
La voce di S. rituona forte anche nel brano più lungo del disco, “Blessed By Foulness”, che si snoda in tre parti, con la sezione centrale più libera e più sostenuta che fa da contraltare alla prima in medium-time, mentre nella terza parte doom il vocalist si prodiga in ruggiti da inferi, con le chitarre atonali che lo aiutano nella discesa.
La conclusiva “Twisted Mass Of Burnt Decay” altri non è che la cover dei padri Autopsy, suonata in maniera aggressiva e assassina, con la quale i Nostri chiudono questo quinto disco.
Tirando le somme il disco è da gustare, con la band in ottima forma…che tiene alta la bandiera del death metal, quello vero, sincero, ruvido e sotterraneo.
Vittorio Sabelli