Recensione: World Suicide Machine
Gli Scaldic Curse sono in giro dal 2001, ma una serie di fastidiosi incidenti di percorso non gli hanno permesso di pubblicare un album prima del 2006. È certo che i perpetratori del black metal non hanno vita facile in Europa, stante l’enorme produzione attualmente in circolazione e la scarsa propensione all’originalità indotta dal genere stesso.
World Suicide Machine esce dopo un ennesimo demo pubblicato indipendentemente dalla circolazione di quel Pathogen d’esordio, a ulteriore dimostrazione che la ricerca di un’etichetta può essere un processo lungo e faticoso. Non mi sorprende, comunque, che finalmente abbiano trovato un riparo. In questo 2009, i nostri cinque londinesi hanno creato un lavoro tutt’altro che dozzinale, impreziosito da numerose influenze che rendono l’ascolto un vero piacere per le orecchie. “Hands down”, come direbbero da quelle parti, è l’ottima prestazione del batterista Vermin, il cui strumento è stato ben evidenziato – a ragion veduta – in fase di mixing.
Sono infatti i bassi, insieme al basso stesso, i veri protagonisti di quest’ultima fatica: cassa martellante ed elementi più alti mai troppo confusi ricordano il mostruoso lavoro di percussioni degli Horna e non è da tutti mettere in risalto in questo modo la batteria senza cadere nel thrash, da sempre genere che si accoppia volentieri con il black metal. Le chitarre di sottofondo possono anche sembrare la solita collezione di zanzare tipica del genere, ma la chitarra solista di un certo Scapula, già conosciuto per aver militato tra i celebri Akercocke, dona una dimensione in più al menù del giorno, una dimensione che a tratti sfocia persino in melodie progsteroidi, tanto che a tratti mi è sembrato di ricordare i Pestilence di Spheres, anche se a conti fatti è semplicemente un retrogusto, una sensazione che cresce dietro la testa e che è difficile da decifrare. Scream sostenuto e divagazioni molto frequenti aiutano la fruizione dell’opera nella sua completezza, un’opera che non dà immediatamente tutto quello che ha da offrire, ma che al contrario richiede una serie di ascolti per far emergere tocchi di classe come l’assolo squisitamente heavy della title track, che sembra uscito direttamente da un disco degli Iron Maiden.
Notevole anche l’inizio cadenzato di “Worm” che si abbandona coscientemente nell’universo del doom-black depressivo, una variazione sul tema principale che dona profondità all’album senza appesantirlo eccessivamente. Quando ormai si capisce dove vuole andare a parare un album, è sempre bello essere presi di sorpresa da un’inattesa suite di tastiera eccessivamente drammatica e apocalittica che intende proprio giocare con i sentimenti dell’ascoltatore.
Insomma un album complesso e non interamente digeribile fin dal primo ascolto. Ottima band di mestiere, autrice di un black metal dignitoso e vivace, che ha cercato in tutti i modi di crearsi una personalità strizzando l’occhio a band il più possibile differenti l’una dall’altra. Il problema è che rimane un CD tra tanti, come troppi ne escono, ben fatti, ben realizzati, ben pensati ma in mezzo a una folla troppo agguerrita per brillare di luce propria. Mi piacerebbe che venissero valorizzati per ciò che sono ma, alla resa dei conti, riuscire a trovare abbastanza motivi per giustificare un biglietto da 20 euro non è un’impresa molto facile. Perché dovreste acquistarlo? Perché è un buon CD. Se vi basta come motivazione, fatelo vostro.
Daniele “Fenrir” Balestrieri.
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TRACKLIST:
1. Pest Against Pest
2. World Suicide Machine
3. Worm
4. Genocide Storm
5. Carcinogen
6. Invoking Mal-Being