Recensione: Worms of the Earth
Dopo ben 13 anni di eroica militanza nell’underground tricolore, nel marzo 2003 i laziali Rosae Crucis hanno finalmente coronato il loro sogno di vedere inciso in eterno il loro nome nella storia del Vero Metallo Pesante, firmando questo glorioso traguardo con uno spettacolare disco di debutto.
Senza perdersi in giri di retorica o analisi -magari anche interessanti- di dettagli e confronti con il passato (mai rinnegato), partiamo subito con una descrizione dell’album così da rendervi un po’ l’idea di cosa stiamo parlando. “Worms of the Earth” è un disco i cui testi ed atmosfere sono totalmente ispirate da un racconto (intitolato proprio “I Vermi della Terra”) di Robert E. Howard, padre letterario della Sword and Sorcery, che narra le tragiche vicende dell’eroe Bran Mak Morn, Re dei Pitti di Caledonia, e della sua disperata lotta contro i tirannici invasori romani comandati da Tito Silla.
Musicalmente parlando ci troviamo davanti ad un vero e proprio campo di battaglia, dove due colate magmatiche di Acciaio Puro si sfasciano ferocemente addosso senza tregua, generando così allucinanti esalazioni di Epic Metal Meltdown che completano organicamente la complessa struttura di questo grandioso disco. Stupende narrazioni ricche di pathos ed espressività (mica quelle cazzate assurde dei soliti gruppi smidollati!) vanno a fregiare attacchi frontali dove potenza (micidiale), melodia (nulla di pacchiano; eccezionale) e precisione tecnica creano un sanguinoso turbine di purezza metallica.
Per comprendere ed amare il disco, è logicamente necessario andarsi a leggere (sono solo poche pagine in fondo) la storia di Bran Mak Morn. Altrimenti non potrete capire il significato nascosto dietro i testi e non potrete assaporare l’ebrezza estatica dei cori, delle parti narrate, degli stessi riff (che tessono un alone tragico e cupo in genere, soprattutto a paragone con la prova del demo uscito nel 2000)…insomma, gusterete ¼ dell’album.
Converrete con me allora, che si tratta di un album (liricamente e soprattutto musicalmene) impegnativo, complesso e articolato. Un disco insomma creato non per un successo momentaneo, ma per una gloria durevole.
Dunque per descrivere bene questo disco, sarebbero necessari ancora molti paragrafi e non credo che qualcuno abbia la pazienza di reggere altre 3-4 pagine di miei motivati deliri. Rimane però il fatto che “Worms of the Earth” è un disco quattro volte grande: grande perché segna il traguardo di un gruppo di ragazzi sinceri e onesti che ci hanno creduto e hanno lavorato veramente tanto per arrivare dove adesso sono; grande perché è un tributo a Robert Ervin Howard, un uomo eccezionale che con i suoi scritti ha forgiato molti animi, oltre che averci fatto passare momenti bellissimi con le letture delle sue straordinarie narrazioni; grande perché da questo album (per quanto è fatto bene) ruggisce fieramente lo spirito dell’indomabile Re Bran e la tragicità delle sue imprese; grande perché è un disco suonato con cuore, suonato con le palle e quindi fottutamente True Metal!!!!
Roba che farà scorrere sul pavimento un sacco di bei fiotti di sangue dalle vostre gengive…. Imperdibile.
Leopoldo “LeatherKnight” Puzielli
1) Behind the Eyes of Partha Mak Othna
2) The Justice of Roma
3) Bran Mak Morn
4) A Wizard in my Dreams
5) Escape from Eboracum
6) The Dagon’s Moor
7) Gates to Abominium
8) The Black Stone
9) Traian’s Tower Falls
10) The Worms of Earth
11) The Witch
12) Requiem for Titus Silla