Recensione: Worship The Bled
Gli australiani Truth Corroded fanno parte di quelle realtà talmente vicine sia al death sia al thrash, da rendere ardua se non impossibile una serena classificazione: inserendoli da una parte o dall’altra, rimane sempre il dubbio di non aver compiuto la scelta migliore. Su un fatto, al contrario, non può esserci alcuna indecisione: l’estremismo sonoro, presente a piene mani in ogni anfratto di “Worship The Bled”. Come non possono esserci dubbi sulla sua modernità, ben lungi da rigurgiti vintage. L’album, il quarto di una carriera iniziata nel 1997 (il terzo, da quando la band si è riformata nel 2003), è semplicemente devastante; come un vorticoso, nero tornado collegante un cielo plumbeo carico di energia a una terra oggetto di sola distruzione.
A tal proposito, un buon aiuto a materializzare la cupa atmosfera che avvolge il full-length lo dà la copertina, sfondo visivo perfetto per stimolare un umore freddo e buio; foriero di un futuro nel quale il potere politico, in combutta con quello militare e religioso, ha condotto l’umanità all’annichilimento. Un’idea se non proprio originale, sicuramente forte, supportata appieno da una musica che rileva i toni drammatici della premonizione con bordate thrash (i super-compressi riff di chitarra) e sfuriate death (i furibondi blast beats della batteria). Non solo: la pressoché completa assenza di melodia, oltre ad indurire in modo quasi esacerbato il carattere dei temi trattati, avvicina parecchio il sound del combo di Adelaide al deathcore, seppur – come evidenziato – senza che si abbandoni mai completamente il thrash.
Thrash che inzuppa sino al midollo le chitarre di Mark Leonard e Darren McLennan, creatrici di un muro di suono spaventoso, annichilente. Soprattutto in occasione di alcuni micidiali rallentamenti del ritmo, quando la pesantezza dei riff si fa insostenibile, claustrofobica. Bravi anche in fase solista, i due sono ben supportati dall’ugola di Jason North, ruvida che più ruvida non si possa. Non si tratta né di scream, né di growl, bensì di harsh vocals asciutte e possenti. Spettacolare la sezione ritmica per il lavoro al basso di Greg Shaw e, soprattutto, per l’opera del formidabile batterista Kevin Talley, il cui lungo e impressionante curriculum comprende act di primo piano nella scena del metal estremo (fra gli altri, Dååth, Six Feet Under, Chimaira, Decrepit Birth, Dying Fetus, Misery Index, Hate Eternal).
Dopo la trasognante apertura (e, alla fine, la chiusura) con i mantra tibetani, “Worship The Bled” accelera esponenzialmente con “Knives Of The Betrayed”, violentissimo attacco all’arma bianca. I blast beats di Talley sibilano come pallottole nella battaglia, e i monumentali riff della coppia d’ascia sono come delle terribili sferzate sulla schiena. Il tono aggressivo della voce di North non lascia prigionieri, sul campo. Le dissonanze tanto care a gente come i Voivod o gli Zyklon contraddistinguono la massiccia “Hunt All Heroes”, nella quale è il tonante basso di Shaw a farla da padrone. Un po’ di melodia spunta, a dire il vero timidamente, nei taglienti guitar solos. Annunciata da un accidentato incipit, una marea nera sommerge ogni cosa: è il rifferama di “Pride Of Demise”, compatto e fluido allo stesso tempo, per una sensazione di fulminante pessimismo. È una mitragliata sui denti, invece, “Nothing Left Alive”, esempio di sfascio controllato. Una breve pausa la concede l’inizio al violino di “The Great Waste Of Flesh”, salvo far pentire chi dovesse aver abbassato nel frattempo la guardia: la song è complicata, disarmonica ma dannatamente consistente; durissima da digerire anche a causa della corrosiva interpretazione del vocalist.
“Scavengers” prosegue sulla falsa riga della canzone precedente fra accelerazioni, rallentamenti, cambi di tempo, apparenti stonature e, soprattutto, tempeste di accordi dall’enorme compressione. “Dragged Beneath” è l’occasione per i Nostri di mostrare davvero i muscoli con un mid-tempo dall’abnorme peso specifico e di portare quasi al dolore la pressione sui timpani. Il rovescio della medaglia è “Remnants”, con i suoi iper-cinetismi durante i quali, però, la sensazione è che la velocità sia sempre perfettamente controllata. Fa nuovamente capolino il dolce e struggente suono del violino. “Tear Out The Eyes Of God” sfonda la barriera del suono, decelerando in occasione del refrain, sicuro must in sede live. Non manca la suite, a chiusura del compito. “Summon Abyss” è una canzone articolata, quadrata, dall’anima profonda. Il momento, cioè, in cui è più evidente lo spessore artistico di North e soci. Sembra non finire mai, insomma, la discesa nelle profondità della psiche, ove regnano sovrani l’angoscia e il terrore. Un ottimo modo per terminare le ostilità!
La visionarietà e la brutalità di “Worship The Bled”, assieme all’alto tasso di tecnica posseduta dai Truth Corroded, fanno sì che il CD non possa mancare nella discografia di ogni appassionato di metal estremo, death o thrash che sia, a patto che non esiga particolari evoluzioni innovative.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Knives Of The Betrayed 5:16
2. Hunt All Heroes 4:00
3. Pride Of Demise 4:15
4. Nothing Left Alive 3:04
5. The Great Waste Of Flesh 5:54
6. Scavengers 3:49
7. Dragged Beneath 5:34
8. Remnants 4:26
9. Tear Out The Eyes Of God 3:33
10. Summon Abyss 7:59
Durata 48 min.
Formazione:
Jason North – Voce
Mark Leonard – Chitarra
Darren McLennan – Chitarra
Greg Shaw – Basso
Kevin Talley – Batteria