Recensione: Wrath
Nata nel 1994 come semplice fonte di “distrazione” dalle noiose ore scolastiche con
il nome di Burn The Priest (cambiato successivamente in un più ironico Lamb Of
God), la band di Richmond si è sempre distaccata in qualche modo dagli ormai
soliti cliché del metal-core, portando avanti una proposta musicale non del
tutto innovativa, ma comunque onesta e ben composta. Dopo due studio album
passati piuttosto in sordina, arriva la pubblicazione di Ashes Of The Wake,
da molti considerato come il lavoro più riuscito dell’intera discografia, seguito dal pur
sempre buono Sacrament e da un paio di DVD ufficiali. A tre anni di distanza
dall’ultima release esce Wrath, nuovo full-length che segna il passaggio alla
Roadrunner Records e che, senza stupire nessuno, continua a confermare
quelle che sono le buone capacità della band statunitense.
Come sempre, le concessioni alla melodia sono pochissime, quasi nulle. I Lamb
Of God preferiscono essere cinici e spietati, puntando gran parte delle proprie
forze su impatto e violenza: solita ricetta quindi, a base di pochi
ed essenziali riff che sostengono a dovere i latrati quasi inumani di Randy
Blythe. Come sempre, a guidare le danze c’è una sezione ritmica in cui il ruolo
da protagonista è riservato al drumming incalzante di Chris Adler che, a parere
di chi scrive, può essere considerato come il vero e proprio punto di forza del
combo di Richmond. Eppure nelle composizioni della band statunitense qualcosa è
cambiato, anche se non in maniera così radicale: il marchio di fabbrica è quello
riconoscibile a miglia di distanza, ma, questa volta, con l’aggiunta di qualche
via più “sperimentale” come gli intermezzi acustici e i brevi stacchi melodici
sparsi qua è là all’interno della tracklist, più una netta spinta
sull’acceleratore che rende i pezzi a disposizione ancora più duri e diretti del previsto.
Pochi momenti di respiro quindi, se non in occasione dei brevi e già citati
stacchi acustici, e tanta, tantissima violenza spropositata. Come già detto,
Wrath sostanzialmente può essere considerato come uno dei capitoli più crudi e
violenti dell’intera discografia della band. Basti solo dare un ascolto al
singolo Contractor, poco più di tre minuti che equivalgono ad una serie di pugni
nello stomaco sferrati senza troppi complimenti. La tensione non accenna
minimamente a calare anche con lo scorrere della restante tracklist,
caratterizzata da una serie di brani tanto semplici, quanto efficaci, capaci di
colpire subito nel segno e, sopratutto, di scorrere tranquillamente senza alcun “incidente di percorso”. Su tutte spiccano sicuramente la selvaggia
Fake Messiah,
il riffing più groove di Dead Seeds e le accelerazioni da capogiro dell’opener
In Your Words, dove il muro di suono ricreato dalla coppia di
chitarre risulta essere un ostacolo troppo possente da poter abbattere con pochi
sforzi.
Insomma, solita minestra condita da qualche variazione più “sperimentale” ed
una netta accelerazione delle basi ritmiche quella servita in tavola dai Lamb
Of God. La band di Richmond continua quindi sulla propria strada senza
avanzare la pretesa di voler stupire a tutti i costi, offrendoci una serie di
pezzi ben strutturati, coinvolgenti e che, statene certi, non mancheranno di
mietere vittime in occasione dei live show.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
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Tracklist:
01 The Passing
02 In Your Words
03 Set To Fail
04 Contractor
05 Fake Messiah
06 Grace
07 Broken Hands
08 Dead Seeds
09 Everything To Nothing
10 Choke Sermon
11 Reclamation
Line Up:
Randy Blythe: vocals
Mark Morton: lead & rhythm guitars
Willie Adler: lead & rhythm guitars
John Campbell: bass
Chris Adler: drums