Recensione: X [Picture Disc]
Ciao!
Ciao, come va?
Tiremm innanz.
Confermo, pure da parte mia.
E’ un po’ che non ci si sente, vero?
Già, da otto mesi.
E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta?
Si, fu in occasione di Sabotage! e Born Again dei Black Sabbath
Ricordo perfettamente! Solamente pensavo la data fosse più vicina.
Tipico, nell’era dell’iperconnessione spinta…
Cosa stai sentendo ultimamente?
Ten, dei Death SS, in vinile picture disc. E’ uscito da pochissimo sotto Lucifer Rising/Self Distribuzione.
Death SS? Ma sono ancora in giro?
Eccome! La band è viva e vegeta e sta riscuotendo più consensi oggi che non in un recente passato.
Come mai, secondo te?
Perché la sua unicità fa sempre più la differenza rispetto al resto, là fuori, per buona parte preconfezionato a tavolino o, più o meno inconsapevolmente, indirizzato dal trend imperante del momento.
In effetti si sono posti sempre piuttosto bene, in contrapposizione all’establishment.
Si, ma non è solo una questione di costumi e make-up. Steve Sylvester non è più quello degli anni Settanta e nemmeno quello degli anni Ottanta. La sua evoluzione e l’inevitabile scorrere del tempo ne hanno modificato la cifra, sebbene i tratti primigeni permangano. In Italia, oggi, è obiettivamente difficile trovare un personaggio legato all’hard and heavy della sua caratura. Trattasi di soggetto magnetico, carismatico e con una storia in chiaroscuro lunga così alle sue spalle. Uno mai banale, contrario ai dogmi imposti, cosa che fa ancora la differenza, se posta con la dovuta titolarità e credibilità. E poi ci ha sempre messo la faccia!
Ma come, non è più il temibile vampiro attorniato da gentili e belle donzelle?
Lo è ancora, ma solamente a tratti. La vena dark ultimamente ha prevalso sulle altre sue influenze. E comunque le performer ci sono ancora e godono di ottima salute.
Jessica e Dhalila
Come si chiamano?
Dhalila e Jessica. Entrambe simpatiche, dotate di personalità e sense of humor, oltre che del necessario physique du rôle.
Dal vivo, quindi, vi è il solito florilegio di seni al vento, tacchi alti, nylon e veli a profusione?
Si, ma con un retrogusto diverso. La seriosità che a tratti caratterizzava i concerti dei Death SS di un tempo è stata integrata da consapevolezza, teatralità e autoironia. Connotazione che di fatto ha avvicinato molto di più la band al pubblico.
Steve non è più, quindi, un artista irraggiungibile?
No, la situazione è radicalmente mutata. Sylvester vive il presente ed è al passo con i tempi: la visibilità è fondamentale, oggi. Testimoni sono i vari appuntamenti recenti nei quali, in occasione della presentazione del libro sulla storia della band e dello stesso nuovo album, Ten, si è concesso ai fan con generosità e piacere.
Tornando a Ten, che disco è?
E’ il decimo del gruppo, ma non si intitola così solo per quel motivo. Sarebbe troppo semplice. Steve ne ha illustrato i vari significati numerologici. Come scritto nella recensione di “X” curata da Marco “Into Eternity” Donè su queste stesse pagine web a sfondo nero, il dieci, infatti, rappresenta la perfezione, ma anche l’annullamento delle cose. Se lo analizzassimo dal punto di vista numerico, poi, 10 = (1+0) = 1; rappresenta, cioè, l’eterno ricominciare. Il dieci, inoltre, si ottiene sommando tra loro i primi quattro numeri – i primi quattro album, nel caso dei Death SS – e risulta il contenitore dei principi universali e artistici di ognuno di loro. Analizzandolo con una chiave di lettura esoterica, il dieci rappresenta il cambiamento che permette all’iniziato di evolvere, senza scordare i dieci comandamenti che Dio consegnò a Mosè. “X”, insomma, è un album dal significato complesso, magico, ambizioso, come da tradizione Death SS.
A quali altri full length si può accostare, a livello di tiro e atmosfere?
Ritengo sia la naturale prosecuzione di Rock’N’Roll Armageddon a livello di produzione e compressione dei suoni, che non mi fanno impazzire, anche se totalmente in linea con le richieste del mercato attuale, con un occhio di riguardo alla riproduzione sui nuovi device, mentre per quanto afferente le canzoni contenute richiama in un certo qual modo Do What Thou Wilt.
Quindi la componente horror e quella tipicamente heavy metal risultano in secondo piano?
Non del tutto. “Suspiria”, che nulla ha a che fare con il film di Dario Argento ma si riferisce al fumetto di Luca Laca Montagliani con lo stesso nome, porta in superficie gli afflati orrifici che da sempre costituiscono il trademark del gruppo, sebbene in una maniera più cinematografica. Al suo interno trovano spazio diversi contributi esterni: Simona Fasano (voce), Roberto Piga (violino) e l’accoppiata Andy Panigada/Ghiulz Borroni dei Bulldozer alle chitarre. Per quanto riguarda l’HM vi è un solo pezzo duro e puro, benché minimalista, “Ride The Dragon”, una traccia di nuova scrittura che nulla concede a tutto il resto del contesto. Va dritta per la propria strada, feroce e violenta, a testimoniare che i Death SS sanno sempre “menare” a dovere, basta che lo vogliano fare. Anche in questa traccia vi è lo zampino di Panigada.
A inizio chiacchierata accennavi alla vena crepuscolare assunta dalla band…
Già, che si estrinseca in maniera chiara su più canzoni, anche per via dell’interpretazione vocale di Sylvester, deprivata della consueta acidità. Una sofferenza di fondo declinata lungo “Heretics”, “Under Satan’s Sun”, “The World is Doomed” e “Rebel God”, quattro brani che pescano a piene mani dalla lezione intimista impartita nel recente passato dello stesso gruppo e, con ampie e diverse sfaccettature, ne fanno il loro mantra, a segnare il nuovo corso dei Death SS 2021: heavy dark ma con un retrogusto melodico non indifferente, in grado di ampliare gli stessi orizzonti della band. Per capirci: se un qualsiasi appassionato di rock “normale” non avesse mai sentito i Death SS e gli capitasse di imbattersi in “Heretics”, ad esempio, ne verrebbe rapito. Ma l’highlight di Ten è un altro…
Come si intitola?
“The Temple of The Rain”
Che tipo di pezzo è?
Costituisce la sublimazione fra l’amore che da sempre Sylvester professa per la scena Gothic Dark britannica degli anni Ottanta e la tipica urgenza Death SS. La perfetta penetrazione di The Syster Of Mercy e The Cult nell’immaginario e nel songwriting di Steve & Co. Poesia e rudezza fuse in un’unica espressione artistica. Non a caso è stato realizzato un video per questo pezzo.
E’ l’unico esistente?
No, ne è stato fatto anche un altro per il pezzo “Zora”, in onore della passione di Steve per i fumetti osé del tempo che fu, coinvolgendo la famosa sexy vampira, creata da Renzo Barbieri. Un brano che non è ancora pienamente entrato nelle mie corde.
La copertina del disco com’è?
Lo sfondo è color rosso sangue. In mezzo campeggia la band. E’ stata realizzata in chiave fumettistica da Alex Horley, artista noto per i suoi lavori con Marvel e DC Comics. Nel disegno Steve Sylvester, in una mise e con un look che richiama fortemente il periodo defender del gruppo (…In Death Of Steve Sylvester, Black Mass, Heavy Demons) è affiancato, agghindati in veste orrifica post moderna, da Al DeNoble e Freddy Delirio alla sua destra, mentre a sinistra trovano spazio Glenn Strange e Mark Lazarus. La trasposizione della stessa su Picture Disc risulta particolarmente accattivante, vista la resa finale e la qualità del prodotto. Inoltre è presente in anteprima il poster esclusivo 70×100 cm che verrà utilizzato nelle date alive del 2022.
Il poster 70 x 100 cm che accompagna il Picture Disc di “X” (Ten)
Per quanto tempo pensi che il Picture di “X” (Ten) stazionerà sul tuo giradischi?
Si sta contendendo la pole position sul piatto del mio impianto con il nuovo doppio vinile “Everything Louder Forever” dei Motörhead e con i sette 33 giri ricompresi dentro il recente boxset “Ride Hard Die Fast” dei Bulldozer. Ma sono certo che ci rimarrà per molto tempo. “X” o Ten che dir si voglia cresce piano piano ma inesorabilmente e, in maniera spietata, si sta incuneando per conquistarsi un posto di prestigio nel mio cuore di appassionato di vecchissima data.
Dove collochi Ten all’interno della parabola artistica dei Death SS?
In una posizione di rilievo, senza dubbio. A livello di “carica” e “botta”, situazioni che si leggono di pancia e senza troppe sovrastrutture, siamo in linea con Resurrection e Rock’N’Roll Armageddon. E’ un album di valore, che farà parlare di sé ancora per molto, di questo sono sicuro. Deve però essere assimilato per bene. Le canzoni contenute dentro “X” sono degne di stare dentro il decimo disco dei Death SS. Chi l’avrebbe mai detto, nel 1977, che si sarebbe arrivati a un traguardo del genere più di quarant’anni dopo?
Ten sarà l’ultimo disco dei Death SS?
No, è già in cantiere l’uscita di un prossimo, misterioso album che vedrà la luce solamente come Picture Disc in vinile a 33 giri comprensivo di un box, a disposizione di coloro i quali hanno precedentemente acquistato le altre tre uscite in questo stesso formato: la prima, la seconda e la terza, conservando i vari tagliandini: qui ulteriori informazioni.
Per chiudere, cosa rispondi a chi asserisce che i Death SS si sono smollati?
Che non si può pretendere che Steve Sylvester nel 2021 si aggiri ancora di notte a profanare cimiteri e consumare sesso con donzelle compiacenti all’interno di ossari. Sarebbe patetico oltre che fuori tempo massimo. La band mantiene ancora un tiro ragguardevole, il suo Líder Máximo è tuttora credibile sia su disco che in sede live. La componente di heavy fucking metal non è mai sparita dai loro album, va solamente ricercata e ancora oggi è in grado di distribuire soddisfazione. In concerto, poi, il “muro di suono” è ragguardevole e all’interno del setlist non mancano pezzi quali “Peace Of Mind”, “Hellish Knights”, “Heavy Demons”. Talvolta si assiste all’inserimento di qualche chicca tipo “Chains Of Death” nonché di special guest alla seconda chitarra. Direi che non ci si possa lamentare.
Bon, an sé a post, ciao Steven e grazie.
Ciao, amico immaginario borchiato.
Stefano “Steven Rich” Ricetti