Recensione: X-rayed
Misconosciuta band in quel della Germania, i Sylvan sono un piccolo fenomeno locale noto, già dai primi anni 90 sotto mentite spoglie: il loro primo monicker fu Temporal Temptation, subito scartato in favore di Chamäleon.
Nel 1997 i nostri dopo un concerto di addio alle scene (senza aver mai prodotto un dischetto ufficiale), decidono di modificare di nuovo il loro nome.
Nascono i Sylvan, nel 1999 esce il primo Deliverance.
Oggi, dopo cinque anni e tre albums, ecco di nuovo a noi i Sylvan, dei fratelli Kay e Volker Söhl.
La locandina che accompagna il promo spiega il genere proposto dai Nostri: progressive rock influenzato dai Marillion, Pink Floyd e Porcupine Tree.
Devo ammettere che i riferimenti sono tutti plausibili, in realtà i Sylvan non sono una prog rock band, le atmosfere, i suoni, la pacatezza e la psichedelia sono elementi che accomunano i tedeschi alle bands succitate, così tanto che la prima volta che li ascoltai li scambiai per un gruppo proveniente dalla terra d’Albione (complice anche la buona pronuncia del cantante).
Ascoltando questo cd è palese l’accostamento delle soluzioni musicali alle atmosfere aperte, tristi e malinconiche di un A Natural Disaster (senza la sua genialità intimista/minimalista) o, meglio ancora, di un Viva Emptiness (meno aggressivo nelle parti più spinte).
Non può essere definito un gothic rock album: alcune soluzioni rivangano un po’ i cliches hard rock (sic et simpliciter), non è prog, secondo gli stilemi dettati dai grandi del prog rock, nessuna variazione armonica, nè tantomeno ritmica, nessuno sfoggio di tecnica (ok non tutto quello che è sfoggio di tecnica è prog), ma non vi è neanche quel repentino saltare di atmosfera in atmosfera, vi è, però, quella componente psichedelico/spaziale (generalmente determinata dai synth utilizzati) cara ai vecchi e nuovi ensembles prog rock (Pink Floyd e Porcupine Tree su tutti).
Dei Pink Floyd non hanno la genialità, l’unicità, la bravura di trasformare in musica ogni tipo di sentimento, i Sylvan sono monotematici, è perfetta la descrizione che li caratterizza come l’ incrocio, un po’ scialbo a dir la verità, tra gli Anathema e i Katatonia (rigorosamente le loro ultime, meno ancorate al metal, produzioni).
A nulla valgono, se non a variare leggermente le composizioni, che altrimenti apparirebbero troppo simili tra loro, alcune soluzioni più vicine ad un certo prog-metal (vagamente si intende) in cui i nostri alzano il gain delle distorsioni e creano riffs giocati su i “levare” e i “battere” del tempo, come ad esempio in “Given – Used – Forgotten”.
Detto questo, devo lodare la bravura compositiva dei Nostri, delle canzoni sognanti, depresse ma non deprimenti, canzoni che pur essendo malinconiche in fondo al tunnel riescono sempre a mostrarci la via alla Luce, quindi non ossessivi, consci dello stato attuale ma sicuri di una futura svolta positiva.
Da qui nascono canzoni di particolare intensità emotiva e pacatezza sonora come “So Much More”, o la più aggressiva “Lost” (la migliore tra le dieci),oppure “Belated Gift” (la più vicina ai Katatonia di Viva Emptiness).
Un ottimo album di hard rock riflessivo e malinconico, più adatto ai “depressive rockers” che ai progsters.
Track List:
1. So Easy
2. So Much More
3. Lost
4. You Are
5. Fearless
6. Belated Gift
7. Today
8. Through My Eyes
9. Given – Used – Forgotten
10. This World Is Not For Me