Recensione: XXX

Di Francesco Maraglino - 3 Luglio 2012 - 0:00
XXX
Band: Asia
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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85

Sono trascorsi trent’anni dall’uscita di “Asia”, il debut album che nel 1982 (appunto) vide cimentarsi, per la prima volta insieme in un omonimo “supergruppo”, quattro giganti del prog rock del decennio precedente: John Wetton, cantante e bassista di King Crimson ed UK, Steve Howe, raffinato chitarrista degli Yes, Carl Palmer, per un certo periodo “il” batterista rock per antonomasia, proveniente dagli Emerson, Lake & Palmer, e Geoffrey Downes, reduce da un breve scorcio di carriera con gli Yes ma soprattutto noto per il tripudio pop elettronico “Video killed the radio stars” dei Buggles.

Terminata l’era del gigantismo rock e del cul-de-sac virtuosistico in cui si era ingabbiato il progressive qualche anno prima, Asia tentava di recuperarne gli aspetti di tecnicismo strumentale e di grandiosità sinfonica e pomposa, mettendola al servizio di un suono più stringato e, diciamolo, commerciale, che restringeva nella forma canzone certi aspetti del prog e li cuciva con melodie catchy e radio friendly. Tutto ciò, con l’intento dichiarato di tentare l’arrembaggio alle classifiche dell’epoca, dominate – almeno negli USA – dall’ammiccante sottogenere del rock noto con l’acronimo AOR.
Il risultato fu trionfale – persino al di sopra delle aspettative – dal punto di vista delle classifiche: Asia dominò, infatti, per tutto l’anno, vendendo vagonate di dischi (cosa che si ripeterà in parte solo con il secondo full-length, e poi mai più). La critica – almeno quella più trendy – dissentì clamorosamente da tale accoglienza, bollando l’album e la band come un rutilante e populista prodotto di stanchi reduci di una musica in quel momento non più coccolata dai rock journalists, per di più “vendutisi” – secondo loro – alla più bieca commercialità.
In prospettiva storica, però, la percezione dell’opera prima degli Asia è cambiata, tanto che questa scintillante raccolta di brani AOR-pomp-prog (che sarà stata probabilmente il piacere proibito e nascosto di più di qualcuno) è oggi citata tra i masterpiece del genere, e gli Asia, da qualche anno, dopo un’infinità di traversie e cambi di line –up, sono tornati alla formazione originale.

“XXX” (si legga Triple X), è il terzo studio album a partire da quella reunion, ed ha l’impegnativo ed ambizioso compito, tra l’altro, di contribuire alle celebrazioni del trentennale di cotanto antenato, e di confermare, perlomeno, gli ottimi risultati del predecessore “Omega“, già collocatosi un gradino o più al di sopra del come-back “Phoenix“.

“Tomorrow The World“, che apre le danze, dimostra immediatamente che le aspettative non vengono deluse: le delicate tastiere ed il pianoforte di Downes (che non sarà uno dei più esibizionisti accarezzatori di tasti d’avorio del prog, ma ha il merito di non collocare mai una nota fuori posto, ed ha una classe ed un equilibrio assolutamente squisiti) apre poi ad un ritmo elevato che rimanda alla scia di precedenti come “Don’t Cry“, con tanto di ritornello catchy e gran finale con assolo di Howe, carico di arzigogoli e ghirigori del bravo Yes – man.
Tutto ok, dunque: la partenza rassicura ma, se vogliamo, lascia in bocca un certo retrogusto di prevedibilità.
Niente paura, però. Il CD prosegue con “Bury Me In Willow“, un midtempo incentrato sul pulsare del basso e caratterizzato da un affascinante sviluppo armonico e da una melodia altamente evocativa, da tastiere a volte magniloquenti ed in altri casi raffinate ed espressive ed una chitarra delicatissima.
Dopo un brano così suggestivo,  il ritmo si alza nuovamente per “No Religion“, up-tempo grintoso in cui anche la voce di Wetton, abitualmente melodiosa ed a tratti dolente,  acquisisce risolutezza, peraltro stemperata dal ritornello molto accattivante e da alcuni sprazzi sonori sospesi che si alternano a momenti in cui la chitarra si incattivisce, ancorchè nei limiti in cui può incattivirsi il suono di Steve Howe.
Con “Faithful“, quindi, entriamo nei meandri di un elegantissimo pop rock dalle sfumature progressive, evocativo ed enfatico e con un Wetton in gran spolvero, così come in “I Know How You Feel“, soft rock elegante e a tratti toccante.
Poco dopo arriva pure “Face On The Bridge“, ancora un brano soffice ed elegante, scelto come primo video, che ancora una volta ci avvolge di un flavour evocativo, solare ed accattivante che si immortala nell’impeccabile solo finale del solito Steve Howe.

Curiosa e divertente, poi, appare “Al Gatto Nero“, un veloce pop rock cantato in piccola parte nella lingua di Dante, con un effetto delizioso.
“Judas“ è un’altra traccia efficace e non troppo veloce, resa particolarmente piacevole dal volteggiare di tastiere, e, alla fine, “Ghost Of A Chance“ ci saluta  con il pianoforte e la voce che si aprono in una ballata di squisita fattura, intensa e  permeata di un mood discretamente progressive.

Lo stile di “XXX“ non si discosta molto, a conti fatti, da quello degli ultimi Asia e degli Icon del duo Wetton-Downes (Howe in effetti firma solo due brani, in coppia con Downes: “No Religion“ e “Judas“), ma la qualità del songwriting è di livello superiore ed indulge in maniera meno monocorde che nel recente passato sul tasto della malinconia.

Non siamo, sia chiaro, al livello del debut album, anche perché qui manca comunque, ancora una volta,  nella produzione, quel quid di incisività bombastica e ritmica che forse è un irripetibile trademark del sound degli anni Ottanta) ma “XXX“, forte della raffinata qualità degli arrangiamenti e della particolarmente felice vena creativa del songwriting, si colloca certamente tra i lavori più ispirati di questi antichi leoni del rock.

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Line Up:

Geoff Downes – keyboards
Steve Howe – guitars
Carl Palmer – drums
John Wetton – bass, vocals

Tracklist:

01.    Tomorrow The World;
02.    Bury Me In Willow;
03.    No Religion;
04.    Faithful;
05.    I Know How You Feel;
06.    Face On The Bridge;
07.    Al Gatto Nero;
08.    Judas;
09.    Ghost Of A Chance
 

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