Recensione: Ydeli Biloy Veri
Tra le band pagan/folk che il prolifico est europeo ha donato alla causa, un posto degno di nota viene occupato dai Pagan Reign, combo russo nato e cresciuto nei freddi di Tver, una cittadina situata tra Mosca e Novgorod, nel cuore della Russia.
Questo terzo canto del paganesimo slavo porta il nome di Ydeli Biloy Veri (Destiny of Ancient Fate) e ci giunge dopo ‘Ancient Warriors‘ e ‘Spark of Glory and Revival of Ancient Greatness‘, due album che mettevano in luce una band notevolmente futuribile ma dai tratti ancora incompleti.
Chitarre acustiche, cori, flauti e melodie folk che si intrecciano a sferragliate black/death e improvvise accelerazioni. Uno screaming profondo e possente che lascia tantissimo spazio alle parti strumentali, affidando spesso a chitarra e tastiera il proseguo delle linee melodiche principali. Ad alcuni di voi il paragone sarà già nato in maniera spontanea, per gli altri: i Pagan Reign sono i Mithotyn dell’est. È difatti incredibile come la musica di questa formazione russa ricordi più e più volte l’incedere, i modi e il gusto della gloriosa e mai troppo compianta band di Stefan Weinerhall…
First Arrows on a Battlefield apre il lotto, e lo fa con un arpeggio che ben presto sfocia in un cadenzato coro maschile capace di rievocare in maniera tremendamente nitida le marce più lente di ‘Gathered Around the Oaken Table’. L’opener si tramuta ben presto nella successiva Radegast, brano in stile ‘King of the Distant Forest’ che ancora una volta porta alla memoria i maestri del genere, tra accelerazioni improvvise e ritmiche quasi di stampo Månegarm. Della stessa dinamica e variegata natura sono costruite Righteous Battle e Destinies of Bygone Faith, inni bellici in continuo mutamento. L’erdità dei Mithotyn dell’ultimo periodo torna a farsi sentire in Anger Of The Slavonian Gods, e ancora più prepotentemente nelle parti distorte di In Winter Embraces che fanno capolino tra un arpeggio e l’altro in uno dei brani più mithotyniani di tutto il lotto, dove troviamo una melodia principale e a linee vocali che ricordano la band svedese molto da vicino. Dopo il lungo abbraccio freddo e invernale (guarda caso già cantato in maniera simile in ‘In the Sign of the Ravens’) veniamo accolti dalla strumentale Snowstorm, piacevolissimo episodio destinato a incattivirsi soltanto negli ultimi secondi, con melodie che fanno lontano eco a una certa Lost in the Mist.
Se i paragoni con i Mithotyn vi sembrano eccessivi e ossessivi, provate a dedicare un ascolto all’album e capirete quanto questa band russa sia debitrice, consapevolmente o meno, verso il quartetto di Mjölby.
Bylina about Svaitoslav è un altro assalto sonoro di scandinava memoria, mentre in Get Going Gorgeous Sunshine troviamo i Pagan Reign più folk condurre una veloce strumentale dai toni inaspettatamente spensierati. L’album viene sigillato da Slavonian Brotherhood, brano epico e mai troppo serrato e inno all’orgoglio slavo, tema che pervade tutto l’album senza mai sconfinare in nessun tipo di riferimento nazionalista.
Dopo due episodi buoni ma non troppo entusiasmanti, i Pagan Reign sfornano finalmente un disco di livello più alto, degno di meritare l’attenzione di chi ha amato le tre gemme di mithotyniana memoria e tutto il viking più dinamico, melodico e folkeggiante. Nonostante il distacco dalla la prima fascia delle band del genere non sia ancora colmato, questo terzo lavoro mette in luce una formazione in grado di prendere posto a fianco dei più validi gruppi delle seconde linee scandinave e germaniche, nell’attesa di un miglioramento che non sembra affatto impossibile.
Tracklist:
01. Первые Стрелы на Поле Битвы (First arrows on a Battlefield)
02. Радегаст (Radegast)
03. Праведный Бой (Righteous Battle)
04. Уделы Былой Веры (Destinies of Bygone Faith)
05. Гнев Славянских Богов (Anger of the Slavonian Gods)
06. В Объятиях Зимы (In Winter Embraces)
07. Метель [инструментал] (Snowstorm)
08. Былина о Святославе (Bylina about Svaitoslav)
09. Разгулялось Красно Солнышко [инстр] (Get going Gorgeous Sunshine)
10. Славянское Братство (Slavonian Brotherhood)
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini