Recensione: Yes
Negli anni ’80, vera età dell’oro per tutti gli amanti del rock melodico in ogni sua forma e variazione, le varie band avevano abituato i loro fan a pubblicazioni fulminee e continue, e quando non si trattava addirittura di una all’anno, perlomeno placavano la loro sete di AOR con un disco ogni due.
Questa curiosa usanza – ma fino ad un certo punto, considerando la magia tipica del periodo – viene oggi ripresa e perpetuata con invidiabile fedeltà dagli svedesi Last Autumn’s Dream. Dall’anno di debutto infatti – era il 2004 quando diedero alle stampe il disco omonimo – la loro discografia è cresciuta con costanza ogni dodici mesi, nonostante i classici cambi di line-up e le varie peripezie incontrare dinanzi al proprio cammino. La cosa più sconvolgente, forse, è la qualità delle loro uscite. Cominciando a contare dal già citato album d’esordio, passando per “Saturn Skyline” (2007), “Hunting Shadows” (2008), “Dreamcatcher” (2009) e “A Touch Of Heaven” (2010), si fa veramente fatica a scegliere quale prova prevalga sulle altre, lasciando ad ogni singolo supporter del gruppo il proprio piccolo giudizio personale: ognuno ha il suo preferito.
Per non interrompere la tradizione – si dice che farlo porta decisamente male – Mikael Erlandsson e soci, anche in questo inizio di 2011, rompono gli indugi e i vari dubbi che chi li segue da tempo – “torneranno ancora dopo la tragica scomparsa di Marcel Jacob?”, si chiedevano in molti – si era lasciato sorgere nella mente. Così, dopo aver intitolato “A Touch Of Heaven” la precedente uscita e averla dedicata al caro amico, ecco Yes, dal curioso titolo che sa così tanto di risposta alle varie domande e questioni relative ad un ritorno o meno sulla scena melodica degli svedesi.
“Zseru novità”, direbbe forse un famoso e conosciuto allenatore di calcio. Quella che ci troviamo di fronte infatti è la “solita vecchia storia”: tanta melodia che sprizza da ogni poro, tanta voglia di fare e di andare avanti in un percorso iniziato oramai da diversi anni, con grande capacità e sicurezza dei propri mezzi, in sound – che strizza l’occhio quando ai Fair Warning, quando al Bryan Adams di “Waking Up The Neighbours” – oramai divenuto marchio di fabbrica. Formula che vince, insomma, non si cambia.
Dal primo estratto “I’ve Fallen Into You”, si intuisce già che la qualità non è cambiata, ne tantomeno diminuita rispetto al passato. Sensazione confermata anche dai molti episodi sopra le righe e colmi di energia presenti nella tracklist: “The Sound Of A Heartbeat”, “To Be With You”, “In This Thing Too Deep”, “Still Standin’ Where Ya Left Me”, “Kissin’ Goodbye My Tears”, hanno tutti il sapore di quel rock ‘n’ roll allegro e spensierato, tipicamente svedese, ideale anche per una giornata invernale condita con un pizzico di sole e un fiocco di neve.
Spetta a “Another Night”, “If I Could Change The World”, “Michelle Don’t Leave Here No More” e, soprattutto, alla splendida “Alive”, posta in fondo al disco, a riportate un po’ di calma, ma senza esagerare troppo. Da segnalare anche la presenza di una cover – la magnifica “Fool’s Game”, originariamente presente nell’omonimo disco di Michael Bolton (1983), magistralmente reinterpretata dai nostri, senza per questo snaturare il fascino e l’attrattiva dell’originale.
Da tempo, quindi, viene da pensare che tutti i melodic rockers possano contare ogni anno su una delle poche certezze che la vita offre loro: il nuovo disco dei Last Autumn’s Dream, per iniziare almeno con un sorriso musicale una nuova esperienza di vita.
Nota: nell’edizione giapponese è prevista la presenza di una traccia aggiuntiva, intitolata “I Forgive You”.
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Tracklist:
01. I’ve Fallen Into You
02. The Sound Of A Heartbreak
03. Another Night
04. Fool’s Game
05. If I Could Change The World
06. To Be With You
07. Michelle Don’t Live Here No More
08. In This Thing Too Deep
09. Still Standin’ Where Ya Left Me
10. Kissin’ Goodbye My Tears
11. Survivor
12. I Forgive You (Japan bonus track)
13. Alive
Line Up:
Mikael Erlandsson – Voce / Tastiere
Andy Malecek – Chitarra
Jamie Borger – Batteria
Nally Pahlsson – Basso