Recensione: You
You rappresenta l’esordio discografico dei Bolognesi Dream Steel e che li presenta finalmente al grande pubblico dopo 9 anni di gavetta e 3 demo. Ammetto senza troppa difficoltà che l’arrivo a casa dell’ennesimo debut album di una band prog-power mi aveva lasciato al quanto indifferente, certo di dover apprestarmi a scrivere una recensione piena di confronti e richiami alle band che negli anni si sono imposte nel panorama mondiale. Mai previsione fu più superficiale e sbagliata: ora, mettete il cd nel lettore, chiudete gli occhi e siate pronti per intraprendere un viaggio verso lidi inesplorati e seppure non tutte le tappe toccate siano memorabili sicuramente vi lasceranno un piacevole senso di originalità.
Dopo il breve intro “Frantic” sono le melodie accattivanti di “The Flight Of A Butterfly”, fatte da delicate tastiere su di un potente impianto power, ad anticipare l’entrata in scena delle originali linee vocali di Alex Antonelli che ci cullano in un sogno immediatamente affascinante e vincente fino ad un ritornello che rimane nella mente come un tarlo già al primo ascolto: vi sfido a non canticchiarlo per giorni e giorni. La matrice prog è presente principalmente per i numeri break che caratterizzano l’opener nonché per il bel solo in cui il tastierista Marco Zichittella dimostra tutto il suo gusto per la melodia. Diciamolo pure: non è da tutti offrire una prima portata di tal caratura.
A seguire ecco arrivare la title track nella quale il suono diviene estremamente pesante moderno accentuato anche dai filtri vocali utilizzati all’inizio del brano. Lo sviluppo risulta meno fresco della bella opener e caratterizza un brano che mira a dare suggestioni in note. Il risultato non è quello auspicato probabilmente a causa di un cantato un po’ troppo statico che non permette al brano di decollare nonostante soli di chitarra e tastiera particolarmente ispirati e magistralmente interpretati.
La successiva “Lost” rappresenta uno dei piatti più appetitosi del lotto: una semi ballad molto emozionante in cui musica e voce partono delicate per dare vita ad un crescendo che appassiona e trasporta senza possibilità di fuga. Potrebbe bastare questo brano per giudicare la bontà del platter, ma è con la successiva “Thin Line” che i nostri raggiungono il punto più alto del debut con un brano mutevole ed incalzante in cui la continua alternanza tra ritmi potenti ed improvvise aperture melodiche raggiunge il proprio apice nel refrain. Il brano è giocato sulla sottile linea che demarca potenza e melodia, forza e dolcezza che si alternano con una naturalezza semplicemente sorprendente come se (tanto per azzardare un paragone) le anime musicali di Angel Dust e Vision Divine si fossero incontrate: 5 minuti e 11 secondi che da soli meritano l’acquisto dell’album.
È un inizio delicato quello che introduce a “Dancing In The Faith” pezzo ricco di spunti interessanti, ma che forse sono stati sviluppati in maniera fin troppo tradizionale e timida, per un brano che, seppur scorra velocemente nel lettore, passa senza lasciare il segno. La successiva “Black Gift” sorprende per il lungo intro in cui chitarra e tastiera danno vita ad un piacevole intreccio che però plana su linee vocali quasi sussurrate che risultano particolarmente difficili da apprezzare anche a causa della successiva esplosione vocale che appare eccessivamente forzata. Il brano è molto articolato e con buone idee che però mancano di coesione e finiscono per renderne l’ascolto difficile.
Si arriva così all’ultima traccia dell’album , “Neverstar”, che rappresenta il brano più diretto e prettamente power e che, in più di un passaggio, mi ricorda la lezione dei maestri Helloween e dei nostrani Rapshody (paragoni, come i precedenti, da prendere con le pinze e legati più a sensazioni che certezze). Il brano si distacca senza dubbio dai precedenti, ma ha il pregio di dare leggerezza al finale di un disco tutt’altro che facile da assimilare anche grazie a melodie fresche e senza dubbio orecchiabili.
Ha così fine un debut album decisamente sorprendente, ricco di originalità e, senza dubbio, di classe, sia compositiva che esecutiva, in cui numerosi picchi sono parzialmente oscurati da passaggi ostici e un po’ meno riusciti, ma che non scalfiscono la bontà del lavoro. Bravi.
Marco Ferrari
Tracklist:
01. Frantic (Intro)
02. The Flight Of A Butterfly
03. Behind
04. You
05. Lost
06. Thine Line
07. Dancing In The Fate
08. Black Gift
09. Neverstar
10. The Flight Of A Butterfly (Radio Edit)