Recensione: Zero Order
Secondo la label tedesca, questa sarebbe una delle loro top priority… Non posso che augurarmi che questa affermazione abbia esclusivamente una portata pubblicitaria, altrimenti la mia fiducia nei confronti della Nuclear Blast sarebbe destinata a crollare drasticamente. Zero Order non è certo un album inquadrabile in uno dei tanti sottogeneri col quale si tende ad incasellare le varie uscite metal; è forse molto più vicino a quanto fatto da alcuni gruppi della recente ondata New. Prendete dunque con fortissime riserve la mia collocazione nel Thrash, genere al quale sembrano accostarsi in alcune soluzioni e per la scelta sonora generale.
In mezzo a forti dose di crossover, 4/4 con tanto di chitarroni minimali e tanti altri stereotipi ultra-abusati, i nostri seminano loop elettronici senza alcun ritegno, andando a scadere in banalità e ripetitività soporifere. Per rendere l’idea, troviamo qualcosa di molto vicino a quanto fecero i PWR qualche anno fa, ma suonato e composto molto male. E se qualcosa può riscattare le sorti di questo Zero Order è unicamente il suono, splendido e impeccabile; un modo elegante di venderci aria fritta…
In episodi come “Damage Zone” si arriva veramente a livelli di noia mortali, e non servono coretti e pseudo-sparate elettroniche a farci dimenticare che tutto quanto i nostri urlano a squarciagola è già stato detto, e in maniera molto più appetibile. Tanto che preferisco i palesi riferimenti dell’inizio di una canzone come “Sektor X-Lr8” alle ruffianate di “My Own Fear”, dove ancora una volta si lascia alla produzione e a quattro break in croce il compito di risollevare la pochezza del songwriting.
Zero Order è un prodotto che punta palesemente sulla sua immediatezza, e che potrebbe per questa sua caratteristica far muovere a ritmo la testa di qualche ascoltatore; per quanto mi riguarda la noia è arrivata ben prima della quarta traccia, e riuscire a finire un singolo ascolto dell’intero cd è stata una faticaccia. Idee che terminano ancora prima di iniziare, impatto emotivo ridotto a zero, spunti melodici senza alcun corpo, aggressività suggerita solo dall’enorme produzione, senza alcun sostegno da parte delle canzoni in sè. Tolto tutto questo, non resta che la superficialità di un lavoro che non vedo come possa regalare qualcosa a chi ascolta.
Volendo essere cattivi fino all’ultimo, vedo nei Re:Aktor un gruppo con la forte voglia di cavalcare un trend, e mi spiace che a sostegno di questo progetto ci sia una casa come la Nuclear Blast, contestabile quanto si vuole ma pur sempre sostenitrice di ben altro discorso musicale (almeno fino ad oggi). Nella speranza di non trovarmi mai più a dover ascoltare tante banalità così concentrate, mi limito a consigliarvi caldamente di girare alla larga da queste inutili 11 tracce…
Matteo Bovio