Recensione: Zwart Vierkant

Di Alessandro Rinaldi - 29 Maggio 2021 - 14:47
Zwart Vierkant
Band: Grey Aura
Etichetta: Onism Productions
Genere: Avantgarde 
Anno: 2021
Nazione:
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81

La scena olandese, negli ultimi tempi, ha portato un notevole contributo all’universo più oscuro della musica metal: tra questi gruppi, ci sono i Grey Aura, il duo di Utrecht composto da Tjebbe Broek (chitarra, tastiere, basso) e Ruben Wijlacker (voce, chitarra, basso e batteria). La band , formatasi nel 2010, ha all’attivo tre Ep e questo Zwart Vierkant è il secondo lavoro in studio.

L’anima di questo album è davvero particolare e la si capisce già guardando l’artwork: forme geometriche essenziali con al centro una sorta di patchwork umano, il tutto condito da colori insolitamente vivi per un disco metal. E’ l’arte, la protagonista della storia che anima Zwart Vierkant: il viaggio in Europa di un pittore, ossessionato dal movimento meglio noto come Suprematismo, una forma d’arte astratta basata sul puro sentimento artistico, piuttosto che sulla rappresentazione meramente visiva degli oggetti che appare senza senso; il suprematista rappresenta la realtà principalmente usando le figure geometriche fondamentali, come quadrato e cerchio. La patchwork umana è l’indeterminatezza, ovvero il soggetto della copertina che rappresenta allo stesso modo l’esprit dell’intero album: un lavoro difficilmente qualificabile e di conseguenza classificabile; una pluralità di suoni ben distinti se presi singolarmente, ma che, amalgamati, hanno un altro sapore: quello dell’avantgarde. L’animo black metal resta indubbiamente al centro della costruzione musicale con il suo cantato follemente straziante ed i riff ruvidi e primordiali: il tutto viene prima contaminato da jazz, folk russo e ritmi latini con una spruzzata di prog. Ascoltando con attenzione si ha l’impressione che i Grey Aura seguano, nel comporre, più un impulso creativo che un’idea: è istinto puro. Va aggiunto che quando si mischiano tutti questi generi, solitamente , o siamo di fronte ad una creazione scellerata o ad un capolavoro: ed è quest’ultimo il nostro caso, la tecnica espressa è notevole, come la vena creativa che pervade il suo pentagramma; una menzione speciale va riservata al cantato di Ruben Wijlacker, capace di spaziare tra la forza e la dannazione, passando per l’ispirazione dell’artista che viene vista come follia dall’uomo comune.

Una cosa va detta, però. Questa contaminazione ossessiva è croce e delizia di Zwart Vierkant: chi vi scrive, ha palesemente apprezzato, ma come potrebbero accogliere questo disco i fan più puristi (o intransigenti, fate voi)? Siamo di fronte ad un lavoro che non è di facile ascolto, che ha bisogno di almeno tre passaggi prima di poterlo apprezzare. Ma è suonato benissimo e non è banale; con personalità, coraggio e consapevolezza, i Grey Aura si sono riconfermati con forza al grande pubblico.

Pentagramma su tela.

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